Sapevate che l’Italia è il paese in cui vengono uccise più persone transgender? Che chi transiziona da donna a uomo è molto meno discriminato di chi transiziona da uomo a donna? E che per far fronte al disagio delle persone transgender all’università basta un doppio libretto? Di questo e di molto altro si è parlato al convegno CambiaMenti che si è tenuto all’ateneo di Cagliari
Molte ragazze e ragazzi transgender trovano difficoltà nell’iscriversi all’università e sostenere gli esami perché la burocrazia impone loro di presentarsi con documenti che non rispettano la loro identità di genere, facendoli sentire fuori posto e a disagio. Per questo alcuni di loro rinunciano agli studi.
Ma una soluzione c’è: il doppio badge. Un secondo libretto per le persone transgender che si trovano in transizione o che hanno completato il loro percorso di transizione. L’Università di Cagliari l’ha adottato dall’aprile del 2016, venendo incontro alle esigenze di studenti e studentesse trans.
Se ne è parlato lo scorso 12 dicembre al convegno CambiaMenti, dedicato alla disforia di genere, organizzato alla Cittadella Universitaria di Cagliari dalle associazioni universitarie UniCa LGBT e UniCa 2.0.
Il titolo del convegno ha un duplice significato, che sta ad indicare il cambiamento a cui una persona con disforia di genere è sottoposta durante la sua vita e al cambiare le mentalità delle persone, che molto spesso sono male informate o con molti pregiudizi riguardo le persone transgender.
La disforia di genere
La disforia di genere comporta una forte e persistente identificazione nel sesso opposto a quello biologico.
È importante sapere che la disforia di genere è indipendente dall’orientamento sessuale e non va confusa con esso: infatti i transessuali da maschio a femmina (MtF) e da femmina a maschio (FtM) possono essere eterosessuali, omosessuali o bisessuali come le persone cisgender.
La disforia di genere riguarda la propria identità di genere (cioè il senso di sé, sentirsi un maschio o una femmina), come avevamo spiegato anche in questo articolo.
Ad affrontare questo tema sono stati professionisti e professioniste provenienti da ogni campo: uno dei punti forti del convegno è stata proprio la multidisciplinarietà.
Come affrontare la transizione
Nel convegno è emerso che, come per l’omosessualità, non sappiamo quali siano le cause della transessualità, ovvero se sia determinata solo dai geni, dagli ormoni o dall’ambiente socio-culturale, ma molto probabilmente è un insieme di varie cause.
La persona transessuale deve essere seguita da una serie di figure mediche per affrontare la transizione: non solo chirurgo ed endocrinologo, ma anche psichiatra e psicologo.
A sottolinearlo è Federica Pinna, psichiatra del servizio assistenziale sui disturbi dell’identità di genere dell’ospedale di Cagliari, che ha insistito sul fatto che debbano esistere figure professionali dedicate a questo tipo di interventi, ma anche sulla necessaria educazione e informazione della società tutta.
L’endocrinologo Alessandro Oppo ha parlato più nello specifico delle terapie ormonali e di come esse non possano essere accessibili a tutti (per esempio, se il soggetto ha alcuni tipi di patologie), mentre lo psichiatra Roberto Pusceddu si è focalizzato sugli aspetti psicologici della transizione di genere, consigliando alle persone transessuali di seguire una psicoterapia prima, durante e dopo l’attribuzione del nuovo sesso.
Infatti non è obbligatoria per legge, ma è altamente consigliata, anche perché una forte percentuale di suicidi è registrata anche dopo l’attribuzione del nuovo sesso.
Cosa dice la legge?
La legislazione, secondo l’avvocato Filippo Viola, è, come spesso capita, molto più avanti della società. La legge 164 che riconosce alle persone transessuali la loro condizione e ne riconosce il sesso di transizione risale al 1982, quando al governo c’era ancora la Democrazia Cristiana.
D’altra parte, però, solo dal 2015 il cambio di sesso anagrafico può essere effettuato anche se la persona transessuale non si è sottoposta a un intervento chirurgico di riattribuzione di sesso: prima era necessario essere stati operati.
E ancora: prima del 2014 in caso di riattribuzione di sesso una persona sposata era costretta a sciogliere il vincolo, ora invece accade solo se si dichiara apertamente di volersi separare dal proprio marito o dalla propria moglie.
I pericoli della transfobia
E’ preoccupante la realtà che emerge dai dati esposti da Bernardo Carpiniello, direttore di Clinica Psichiatrica dell’azienda ospedaliera di Cagliari e presidente della Società Italiana di Psichiatria.
Una ricerca ha evidenziato che il 43% su un totale di oltre mille persone Lgbt ha problemi di salute mentale, non dovuto al proprio orientamento o condizione di transgender, ma alle aggressioni fisiche e al bullismo scolastico che hanno subito nella loro vita.
Per lo stesso motivo il rischio di tentativo di suicidio per le persone transgender è due volte superiore a quello di una persona che non lo è, il rischio di dipendenze da alcol o sostanze è 1.5 volte superiore.
Cristina Cabras, docente di psicologia sociale e direttrice del master in Gender Equality, ha parlato a lungo delle resistenze che si trova ad affrontare quando in aula parla della sigla LGBTIQ e di come certe persone reagiscano violentemente al pensiero che non esista solo il bianco e nero, ma anche altre mille sfumature di essere.
Michela Fanzecco, psicologa della ASL di Cagliari, ha sottolineato i diversi cambiamenti che si hanno nel mondo del lavoro prima, durante e dopo la riattribuzione di sesso: le MtF hanno una perdita di credibilità superiore rispetto agli FtM, segno del sessismo che ancora permea la nostra società.
Gli FtM hanno un tasso di occupazione maggiore, mentre gli MtF subiscono molte più discriminazioni e rischiano quindi di andare molto più frequentemente in drop-out, momenti di crisi profonda.
La dottoressa ha esposto anche un dato inquietante: secondo uno studio a livello mondiale l’Italia è al primo posto fra i paesi europei per omicidi di persone transgender.
Le testimonianze di due persone transgender
Fulcro dell’incontro è stata l’importante e coraggiosa testimonianza di due persone transessuali, Thomas Pesco e Marta Palla, che hanno raccontato i dolori e le gioie che le persone trans devono affrontare: le sofferenze dovute agli interventi chirurgici (riusciti o meno), l’indiscrezione e la discriminazione delle persone, il supporto non sempre presente di famigliari e amici.
Marta ha parlato del fatto che la riattribuzione di sesso non è stata la fine, ma l’inizio di un percorso e ha sottolineato la mancanza di un sostegno in Sardegna (che è presente in gran parte delle città italiane) per le persone transessuali.
Thomas ha parlato di come ci si trova nella condizione di essere ciò che si è da sempre, ma di come si è legati all’identità della nascita davanti alle istituzioni e alla burocrazia: un esempio lampante è l’università, che non sempre rilascia il doppio badge come quella di Cagliari. O per fare un altro esempio emblematico e recente, la suddivisione fra maschi e femmine nei seggi elettorali.
Per i due ragazzi, comunque, il fatto che tanta gente interessata e attenta abbia riempito l’aula magna “Boscolo” della Cittadella universitaria è un segno di speranza.
Un cambiamento sociale verso la presa di coscienza che “la diversità non è un’entità, ma una relazione”, come ha suggerito la dottoressa Fanzecco.
Nessuno è “diverso” intrinsecamente, ma dal momento in cui noi lo reputiamo diverso. E se si riflette ci si accorge che uno scambio che ci arricchisce, è presente solo quando si è diversi.
I servizi dell’università di Cagliari
L’Università di Cagliari ha uno sportello di accoglienza e di ascolto per le persone LGBT, ha ricordato Angela Quaquero, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Sardegna. Lo sportello però è aperto a tutti, non solo a chi si riconosce nella siglia LGBT: infatti si occupa di altre tematiche, come per esempio la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili o l’integrazione tra persone LGBT e non LGBT.
Lo sportello, attivo sia telefonicamente sia in presenza, è tenuto da volontari adeguatamente formati e preparati per dare consulenza e supporto. Per i casi per cui sembra opportuno, sono a disposizione anche esperti psicologi.
Lo sportello è aperto a Cagliari ogni martedì mattina dalle 9.30 alle 13.00 in Corso Vittorio Emanuele II n.°68, al secondo piano della sede dell’Ersu. E’ possibile anche contattare lo sportello tramite messaggi privati sulla pagina Facebook Unicascoltalgbt, via email all’indirizzo unicalgbt@gmail.com e telefonicamente al numero 070 66206378 (stessa giornata e orario di apertura).