Ci sono dei momenti in cui senti di dovere levare dei sassolini dalle scarpe. Sapete quei fastidi interiori che ti fanno smettere di restare in disparte e ti portano a dire “adesso basta!“? Ecco, questo per me è uno di quei momenti.
Mi chiamo Alessia, sono una donna cresciuta nella regione più sconosciuta d’Italia e sto per compiere 36 anni. Analizzando la mia vita ho notato una cosa: è stata tutta una critica sociale. Nel senso che IO sono stata SEMPRE oggetto di critica da parte di chi mi circondava. Il perché? Presto detto. Sono una donna che non ha mai fatto “cose da donne”.
Un giorno per curiosità ho preso un foglio e ho iniziato ad appuntare tutti gli episodi che mi hanno vista protagonista involontaria della critica altrui. La cosa che mi ha stupito è che ce ne sono tanti.
Fin da quando ero piccola sono state due le parole che hanno sempre fatto parte di me. Una è “perché”, l’altra è “dipende”. Questo a dimostrazione del mio carattere perennemente interrogativo/meditativo.
Ora immaginate una bambina che inizia a fare domande del tipo…
perché le femmine devono indossare necessariamente una gonna?
Perché non posso giocare a calcio senza essere presa in giro?
Perché una donna non può diventare Papa?
Perché il rosa?
Perché non sta bene che una donna dica le parolacce?
Ma che fastidio vi danno i miei capelli spettinati?
Perché per indicare maschi e femmine insieme si usa il plurale maschile?
Perché la diversità è considerata sbagliata?
E via dicendo.
Ero una bambina serena.
E poi i sogni, le ambizioni, anche quelli sembravano essere già stati stabiliti, codificati. Sognare di sposarsi, di avere figli, di seguire un percorso “naturale” per una donna. Io leggevo Verne e volevo fare il giro del mondo in 80 giorni ma c’era gente che scuoteva la testa.
Quando ho scoperto l’amore della mia vita, l’unico e insostituibile amore della mia vita, ho deciso di confessarlo pubblicamente in un coraggioso coming out. La reazione è stata questa “quindi scrivere è il tuo grande amore?“, con tanto di sguardo pietoso a fare da chiusa.
Sono sempre stata quella che poneva domande, che cercava nel dialogo le spiegazioni ai dogmi. Ma i dogmi non si spiegano, ci credi o non ci credi, mi sentivo rispondere. E queste risposte non mi bastavano.
Oggi, a quasi 36 anni, ho proprio voglia di tirar fuori tutte queste storie, raccontarle, condividerle, renderle pubbliche. Perché quel disagio trovi giustizia proprio attraverso la cosa che amo di più, scrivere. Ma non solo.
Sento il bisogno di mettere nero su bianco il perché, a mio avviso, c’è ancora tanto bisogno di femminismo.
E quando senti forte, ma proprio forte, il bisogno di qualcosa, la vita in qualche modo ti porta dove vuoi. Così ho conosciuto Benedetta, una pasionaria che solo con lo sguardo ti incenerisce senza passare dal via, ma che ha anche in dotazione un sorriso accogliente e un entusiasmo sincero. Dieci minuti di chiacchierata dal vivo e già eravamo in sintonia. Sarà anche per via del comune segno zodiacale? Chissà.
Conosco il suo progetto, inizio a seguirlo con passione, me ne innamoro e un giorno timidamente le chiedo se posso inviare dei contributi a tema. Così eccomi qua, come proseguirà questa storia non lo so, ma sto già tirando fuori dai miei ricordi gli episodi della mia vita.
Le penne ci sono, la tastiera è davanti a me e l'(auto)ironia non manca mai. Io sono pronta, e voi?