
Ebbene sì, complici il bombardamento pubblicitario e la passione per gli episodi precedenti, anche io ho finalmente visto il settimo film della saga di Star Wars, “Il risveglio della Forza”.
Ammetto che durante la visione, oltre che temere un’improvvisa scenetta canora degli stormtrooper in stile Disney (nuova proprietaria della Lucasfilm), ero molto incuriosita di come fosse trattato il tema della parità di genere. Infatti, il film ha scatenato in rete un ampio dibattito tra chi ne parla come di un’ode al femminismo e chi accusa la Disney di usare il femminismo solo come strumento di marketing.
Ora che anche io mi sono fatta un’idea in merito, posso affermare che, secondo me, no, non si tratta di un film femminista, ma semplicemente di un film come dovrebbe essere.
Mi spiego meglio.
Il modo in cui il film affronta la questione di genere mi è piaciuto molto. Innanzitutto la protagonista indiscussa dell’episodio è Rey, una ragazza forte e determinata, che dimostra più volte di cavarsela da sola, senza aver bisogno continuamente di essere salvata, anzi è la vera e propria eroina del film.
Inoltre, l’ambientazione mostra donne e uomini che ricoprono indistintamente cariche di comando (si pensi alla principessa Leia, diventata generale) e figure femminili rilevanti sia tra tra “i buoni” che tra i nemici (come il capitano Phasma o la vecchia Maz Kanata sul pianeta Takodana).
Tuttavia, mi chiedo: basta questo per considerare un film femminista?
Per definirlo tale, io mi aspetto che la trama affronti le questioni di genere, mostrando personaggi che lottano per cambiare le carte in tavola in contesti di disuguaglianza, cercando di aprire gli occhi alle spettatrici e agli spettatori su contesti in cui si vivono disparità e pregiudizi.
Per me un film femminista è un film che serve a far percepire un problema sociale e a suggerire la chiave per risolverlo. O che dopo i titoli di coda mi fa esclamare: “Le cose possono cambiare, ce la possiamo fare!”. Perché per me il femminismo è qualcosa che tenta di generare un cambiamento per migliorare la società.
Per questo, come nel caso del film Mad Max Fury Road e della sua Imperatrice Furiosa (ne abbiamo parlato qui), non credo basti la presenza di un’eroina forte per definire un film femminista.

Ed ecco perché per me Star Wars, “Il risveglio della forza”, non è un film femminista, ma un bel film d’azione, la cui sceneggiatura tratta in modo egualitario i protagonisti, senza discriminazioni tra i generi. Per questo preferisco dire che è semplicemente un film “come dovrebbe essere“.
Che significa?
Che siamo talmente abituati, soprattutto nei film d’azione, a vedere personaggi femminili stereotipati che fanno da corollario a protagonisti e ambientazioni prevalentemente maschili, che quando un film mostra invece uno scenario più paritario (e realistico) si grida con entusiasmo al femminismo.
Ma ci sono anche altri aspetti legati al film e ciò che gli gravita intorno, che mi hanno fatto storcere il naso e convincermi ancora di più che non si tratta di un film femminista e che forse chi parla di strategie di marketing non ha tutti i torti…
Capitani si, ma quanto rilevanti?

Nonostante ci siano personaggi femminili anche con cariche militari importanti, la loro rilevanza in questo episodio è alquanto limitata. Phasma per esempio era stata decantata come un personaggio nuovo e controcorrente, in quanto donna e capitano. Nella trama, però, non solo compare pochissime volte, ma soprattutto non ha alcuno spessore.

Il personaggio che più mi ha deluso è però Leia.
Coraggiosa la scelta di far vedere la principessa invecchiata (per la quale non sono mancate le critiche da parte del pubblico), ma non si può mancare di sottolineare che Leia pur occupando un posto di comando, risulta praticamente inconsistente nelle scene di combattimento – a differenza dei primi episodi – e durante l’elaborazione del piano strategico per attaccare il Primo Ordine.
Parallelamente le viene dato maggior spazio per il racconto della sua storia d’amore e dei suoi “problemi familiari”, mentre al contrario la parte di Han Solo, continua ad essere molto dinamica e attiva come nei film precedenti.
Dov’è Rey nel merchandising del film?
Legato al film c’è inoltre un retroscena particolarmente spinoso: la Hasbro e la Disney hanno inizialmente deciso di non inserire Rey in numerosi giochi legati alla saga di Star Wars. Rey è assente persino tra le pedine del Monopoli dedicato al film e nel modello del Millennium Falcon, dove c’è le statuina di Finn, pur essendo Rey e non lui a pilotare più volte l’astronave.
Ciò ha scatenato in rete una vasta protesta di tutti gli appassionati e le appassionate della saga, che hanno lanciato una campagna Twitter con l’hashtag #WheresRey (ovvero “Dov’è Rey?”) esprimendo anche il disappunto delle bambine e dei bambini che non hanno trovato il personaggio tra i giocattoli.

La Hasbro afferma di non aver prodotto tali giocattoli per non generare spoiler sul personaggio di Rey, ma è più probabile che tale scelta sia dovuta all’idea che i giochi di fantascienza siano prettamente maschili e che i bambini non desiderino giocare con personaggi femminili.
Forse potrebbe essere l’occasione per iniziare a cambiare finalmente qualcosa anche nel mondo dei giocattoli che vengono da sempre rigidamente separati tra “maschili” e “femminili”?
Potrebbe essere una buona occasione per la Disney di far sognare le bambine non con l’ennesima principessa, ma con un’eroina avventurosa che guida astronavi e usa le spade laser?