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Sì, sono ingrassata. Perché vi dà così fastidio?

Fat shaming: Benedetta e la sua ciccia
Sono proprio io (grazie a Chiara per lo scatto!)

No, questo non è il solito articolo sull’orgoglio di essere grasse che ogni tanto ci propinano per farci credere che, alla fin fine, essere sovrappeso non è poi così tragico.

Sono sicura che sia vero, e che ci siano donne e uomini che convivono felicemente con la loro ciccia e amino le loro forme alla follia. Ma io non sono una di loro.

Per quanto non passi certo le giornate a crucciarmi dei miei chili di troppo, se mi chiedeste: sei contenta di essere ingrassata?, la mia risposta sarebbe sicuramente: no, non lo sono affatto.

Eppure è successo: in cinque, sei anni ho messo su più o meno dieci chili. Un bel po’.

Non sono mai stata particolarmente magra: anche da ragazzina se volevo buttare giù la pancetta dovevo faticare. Però non ero mai stata neanche grassa. Quindi per me aver acquistato così tanto peso è stata una novità.

Questa è la storia di come ho scoperto per la prima volta sulla mia pelle cosa sia il fat shaming, ovvero quella pratica sociale molto diffusa con cui non perdiamo occasione per giudicare le persone grasse.

Mi è successo questo: gli altri mi hanno visto ingrassare a poco a poco e per un po’ hanno fatto finta di niente. Poi notando che i chili aumentavano e io non correvo ai ripari, né mi strappavo i capelli disperata, non ce l’hanno fatta più e si sono sentiti in dovere di dirmi qualcosa.

Perché odiare tutto ciò che è grasso fa così parte di noi e della cultura a cui cercano di assuefarci, da diventare un atteggiamento inconsapevole, ma non per questo meno subdolo.

Nel mio caso, lo dimostra il fatto che a giudicarmi non sono state, come potrebbe pensare qualcuno, delle “amiche invidiose”, ma alcuni familiari a cui sono molto legata, in una escalation di improvvisa preoccupazione.

Si è partiti con una battutina a un pranzo di famiglia: “Sbaglio o stiamo ingrassando?“.

Poi è arrivato il momento commiserazione: “Quello che mi dispiace è che sei così carina e ti stai trascurando“.

Si è proseguito con i consigli gratuiti non richiesti: “Devi stare attenta alla tua salute“.

Fino ad arrivare al puro allarmismo: “Secondo me hai problemi col cibo: non puoi mangiare quello che vuoi quando vuoi“.

Insomma, sembrerebbe che a causa del mio adipe potrei avere un infarto da un momento all’altro. Peccato che tutti questi commenti siano stati fatti in merito al ragguardevole peso di 62 chili.

Non 90, non 120. Sessantadue. Questo è quello che segna la mia bilancia.

Ciò non significa che non sia sovrappeso: i chili in più ci sono e sul mio fisico minuto si vedono tutti. Ma, ecco, diciamo che non penso di essere un caso clinico, né sull’orlo dell’obesità patologica.

Eppure la gente ti vede con dieci chili in più addosso e sta male per te.

Così male che sente il bisogno di farsi gli affari tuoi, di metterti in guardia, di dirti cosa devi fare. Perché non sopporta di vederti così, con tutta quella ciccia addosso. E allora usa la scusa della salute per giustificare il suo disagio e la sua necessità di intromettersi in un aspetto così personale della tua vita.

C’è chi dirà che è normale: il nostro corpo, essendo la nostra parte più esposta agli occhi degli altri, può essere sempre oggetto di critiche. Ma quando si parla di “grasso” tutto si amplifica: il corpo pingue diventa cosa pubblica.

Se pensate che stia esagerando (come forse avrei fatto anche io fino a poco tempo fa) significa che non siete mai stati grassi, o giudicati tali.

A tutte le persone che pontificano sul mio peso convinte di avere le migliori intenzioni solo perché sono magre – o pesano tre chili meno di me o magari una volta nella vita hanno fatto una dieta che ha funzionato – vorrei far sapere che:

1) come e perché io sia diventata grassa non è affar vostro: non sono tenuta ad accampare scuse e giustificazioni per una cosa che riguarda solo ed esclusivamente me e il mio corpo;

2) il fatto che io sia grassa non significa necessariamente che io non sia a mio agio con me stessa. Ci sono persone al mondo che non vivono facendo attenzione a quanti etti hanno guadagnato o perso in una settimana. E per questo vivono meglio di voi;

3) essere grasse non significa affatto essere trascurate, significa solo essere grasse. Ci sono molti modi per prendersi cura di se stesse: essere ossessionate dal peso non è uno di questi;

4) “essere grasse” ed “essere malate” non sono sinonimi. Sicuramente in certi contesti le due cose coincidono, ma dipende da molti, moltissimi fattori. A meno che non siate il mio medico o non dia sintomi evidenti di malessere, pensate alla vostra salute, non alla mia. Grazie.

Con l’augurio che la parola “grassa” diventi al più presto un aggettivo come un altro e non un’offesa, vorrei, infine, ringraziare tutte le mie amiche per la loro noncuranza assoluta nei confronti della mia ciccia.

Nessuna di loro si è mai sentita in dovere di dirmi qualcosa a riguardo, e per questo io vi amo, sorelle.