Il mondo della musica è difficile, soprattutto in Italia. In un Paese in cui il baluardo musicale è l’anacronistico Festival di Sanremo, è difficile e strano essere una band madrelingua italiana che canta in inglese. Difficile e strano è rivendicare ideali punk quando il punk è nato a km di distanza. Ora immaginatevi quanto tutto questo può essere ancora più complicato se la band in questione è composta da donne.
No, non etichettate questo discorso come “vittimistico”: il Paese in cui ci troviamo è ancora legato a un certo tipo di patriarcato talmente radicato, che provare a essere prese sul serio se si è donne risulta difficile, stressante, tortuoso, macchinoso. Le difficoltà, però, non hanno impedito a tante musiciste di affermarsi ed essere apprezzate anche qui.
Da tempo ci si interroga se sia giusto catalogare la musica come “femminile”, se sia vero che le donne abbiano un certo tipo di sensibilità artistica che traspare nella composizione e nell’interpretazione. C’è chi mette in guardia sul rischio di ghettizzazione, chi invece porta avanti una sorta di “girl power pride”.
Laura Pescatori, autrice e speaker radiofonica di Radio Onda D’urto, ha da poco pubblicato un libro a riguardo: “Riot not quiet”, da lei stessa definito almanacco. Una sorta di “bibbia” del rock composto, suonato e cantato da donne, per coloro che vogliono approfondire le loro conoscenze musicali in quest’ambito, con piccole “pilloline” (ben 365, una per ogni giorno dell’anno) in cui si ricordano momenti importanti e singolari del rock al femminile.
Dopo il successo di “Le ragazze del rock”, di Jessica Dainese, dedicato alla scena italiana, questo volume analizza nello specifico la scena straniera. Ad alcune va il “merito” di essersi esposte come simboli di movimenti importanti, come nel caso del “Riot Grrrl” nato ad Olympia negli anni anni ’90 per merito della fantastica Hanna Kathleen frontwoman delle Bikini Kill, che hanno poi ispirato tantissime altre band menzionate nel libro.
Abbiamo incontrato Laura per approfondire il tema.
Dopo anni di lavoro nell’organizzazione di concerti, programma radio, confronto con tante musiciste donne, credi ancora che sia importante parlare di “musica femminile”?
E’ assolutamente importante parlare anche di musica femminile! Per troppo tempo la donna è stata repressa nel mondo discografico/musicale e tutt’ora è vittima di sessismo e discriminazioni soprattutto in alcuni filoni. Pensiamo per esempio a Tina Turner e alla burrascosa e violenta relazione con l’ex marito musicista Ike Turner, trambusto che si ripercosse non solo fisicamente su Tina ma anche musicalmente oppure a Whitney Houston ed al marito Bobby Brown che oltre a farle subire violenze, le rovinò la carriera musicale in quel periodo.
Le tue pillole parlano di artiste che hanno lasciato il segno in vari periodi storici musicali. La scena musicale attuale cosa lascerà ai posteri dal tuo punto di vista?
Nel panorama musicale italiano abbiamo tantissime donne e band straordinarie che hanno saputo rispondere a tono a certe provocazioni o prevaricazioni. La cosa bella è che i generi musicali sono tantissimi, penso al rock delle Roipnol Witch o al noise delle Lilith Le Morte passando per l’hip hop con Mc Nill e Sab Sista oppure nel metal con Cristina Scabbia dei Lacuna Coil o Raffaella Rivarolo dei Cadaveria che, peraltro, ha curato la postfazione del libro. Alteria, Anna Calvi, Mama Marjas e tantissime altre…
La maggior parte delle artiste menzionate nel libro è straniera. Pensi che l’Italia sia stata al passo con i tempi negli anni ’80, ’90, col movimento Riot Grrrls?
In Italia il movimento Riot Grrrls come lo intendiamo non è mai completamente arrivato. Ci sono però diverse realtà affini a questo movimento, l’idea di corporazione e solidarietà con le altre artiste in campo musicale ma anche umano. Rock with Mascara per esempio, tantissimi festival come il Rottura delle Acque, il Lady Pink Festival o il Malafemme Festival.
Cosa pensi degli ultimi avvenimenti che riguardano discriminazioni avvenute sui palchi da parte di artiste trap e hip hop? Urla e commenti sessisti ci sono sempre stati ma con la moda trap si è tutto amplificato?
Sostanzialmente non è un problema circoscritto solo nella musica trap e hip hop (anche se probabilmente la percentuale è più elevata). Solo la parola discriminazione è raccapricciante, figuriamoci metterla in pratica. Ci sono un sacco di fantastiche attiviste e musiciste che negli anni si sono battute ferocemente per affermarsi e farsi sentire umanamente, musicalmente e non solo, pensiamo a Billie Holiday e la sua “Strange Fruit” in cui racconta le repressioni che subivano gli afroamericani o Nina Simone che ha donato la sua vita sia come musicista che come attivista politica contro il razzismo e la discriminazione.
La scena rock, punk, anarchica dei club storici o dei centri sociali è riuscita a perpetrare gli ideali antisessisti tanto quanto quelli antifascisti? O anche in luoghi dove si è sempre “predicato bene” le donne – musiciste, dj, organizzatrici che fossero – sono state discriminate?
Si assolutamente! Ci sono diverse realtà antagoniste con all’interno collettivi (o altro) femministi, per dirne uno Queens of Chaos a Milano che organizza spesso eventi al femminile oltre che incontri alternativi se poi migriamo verso la sfera prettamente femminista penso a Non Una Di Meno, Obiezione Respinta che tendenzialmente ha preso buona parte della frangia antagonista.
A chi è rivolto il tuo libro?
Il mio libro è rivolto agli amanti della musica e ai cultori della voce femminile. A chi vuole scoprire o riscoprire grandiose artiste con un pizzico di curiosità, a chi vuole buttarsi nel magico mondo delle valchirie del palcoscenico. Tutte queste straordinarie musiciste (qui ce ne sono solo 365) ci hanno regalato o continuano a regalarci bellissime perle da tenere ben strette al collo.