Li usiamo quotidianamente, ma non sempre facciamo caso a quanto i proverbi, nervatura che rendono colorata la nostra lingua, siano sessisti e misogini. Ecco un piccolo studio empirico per far mente locale.
L’ultima volta che è successo è stato poco tempo fa.
Ero uscita per fare delle commissioni ed era una di quelle giornate che iniziano storte, proseguono male e finiscono peggio. Dopo l’ennesimo giro a vuoto nell’inferno della burocrazia italiana, il mio umore era in sintonia con il cielo plumbeo e, tornando a casa senza risolvere un bel niente, ho esclamato ad alta voce “nottata persa e figlia femmina!“.
L’ho detto così, senza pensarci, come capita spesso quando si è in preda al forte nervosismo. Mea culpa, mea culpa. Mi sono fermata, letteralmente bloccata, e ho pensato a quanto fosse odiosamente sessista la frase che avevo appena pronunciato. E a pronunciarla ero stata io, proprio io. Mi sono sentita malissimo.
Capita, capita a chiunque (come mette in luce la sociologa Graziella Priulla), anche a chi è attivista, di fare o dire proprio una cosa che è diametralmente opposta ai propri principi. Mi sono interrogata sul perché e l’unica risposta che mi sono data è quella che quando cresci assorbendo una determinata cultura, quella in qualche modo emerge nei momenti inaspettati. La interiorizzi. E si rischia di interiorizzare, pur non volendo, tutto: sessismo, omofobia, razzismo.
Quello che avevo appena pronunciato è un proverbio che ho ascoltato tante di quelle volte da non farci nemmeno caso. Rimanda al momento del parto, quando non si conosceva il sesso del nascituro. Se la donna partoriva un maschio era una festa, se partoriva una femmina, magari dopo una lunga attesa e ore di travaglio, quella era considerata una perdita di tempo perché la donna era considerata solo una rogna. Da qui il proverbio, usato per tutte le volte che si tenta a lungo di risolvere un problema e non ci si riesce. Pensiero associativo orribile.
Riflettendo su questo, ho fatto un po’ mente locale sui proverbi, partendo da quelli che conoscevo e ho notato che quelli che parlano di donne sono molto spesso decisamente sessisti.
Un proverbio rimanda a una ‘saggezza’ popolare frutto della cultura dominante. E questa cultura in Italia – da nord a sud – nei confronti della donna non ha decisamente stima, considerazione e rispetto. C’è tutto un campionario di detti che oscilla tra denigrazione, offesa e violenza. Le donne sono associate alle cose peggiori.
Qualche esempio? Ecco una pratica lista, divisa per tipologie:
Donne sinonimo di pericolo
– Chi dice donna dice danno
– Donna al volante pericolo costante
Le donne sono inaffidabili
– Chi piglia l’anguilla per la coda e la donna per la parola, può dire di non tener nulla
– Dove son donne e gatti, son più parole che fatti
– La bontà di una donna, il vento e la buona sorte, durano poco
– La donna è come il melone, in mezzo a cento ne esce buona una sola
– Alla parola data da una donna non c’è da crederci
O sante o puttane
– Donna ridarella, o santa o puttanella
– La donna deve avere tre m: matrona in strada, modesta in chiesa, massaia in casa
– La donna bugiarda, se non è puttana, poco ci manca
– Quando la femmina cammina e dondola l’anca, se puttana non è, poco ci manca
Oggetti di proprietà da sottomettere
– La donna e l’orto vogliono un sol padrone
– Donne, asini e noci vogliono mani atroci
– Donne, cani e baccalà, più li picchi più diventano buoni
– Pane e botte fan la moglie e i figli belli
Questi sono solo alcuni esempi, ma ce ne sarebbero molti altri. Sono state scritte anche raccolte a tema. Qualcuno le trova persino divertenti.
Ma il punto è un altro. Se anche una persona come me, che ama le parole, vive grazie alle parole e ne conosce il potenziale, cade in questi “tranelli” interiorizzati involontariamente, che effetto devastante possono avere su chi invece a questi detti ci crede davvero?
Si cresce sentendo almeno uno di questi modi di dire, sicuramente sarà capitato anche a voi. La strada per la liberazione da queste piaghe interiori è lunga, a volte tanto lunga.