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Pornoterrorismo contro il controllo della sessualità

Pornoterrorismo: lo stencil su un muro raffigura una donna nuda col passamontagna nell'atto di lanciare una bomba a mano
Pornoterrorismo: stencil che riproduce una immagine iconica di Diana J.Torres

Pornoterrorismo è la biografia della attivista femminista Diana J. Torres, della sua filosofia di vita, delle sue lotte politiche. Un libro sulla libertà. Una critica spietata all’ipocrisia, al conformismo, contro la censura del sistema, un grido per la riappropriazione dei propri corpi e della propria sessualità.

Diana ribadisce la necessità di un cambio radicale, possibile in piccole azioni che compiano la teoria del caos. Per questo realizza spettacoli, show e performance che non lasciano indifferenti, ma puntano a scandalizzare chi assiste.

Il pornoterrorismo è un progetto politico. Manomette il sistema attraverso una riflessione radicale e azioni che non solo fanno esplodere nello spazio pubblico sessualità e desiderio, relegati solitamente alla sfera privata, ma anche pratiche e relazioni non normative che aprono la mente a nuove possibilità dell’immaginazione.

Il corpo diventa luogo, prodotto, mezzo, manifesto, artificio, strumento di sovversione, di critica, di reazione alla violenza della società normata. È un grido di denuncia di un sistema patriarcale che opprime e sanziona tutto ciò che considera “fuori-norma” e “de-generato”.

Che cos’è il pornoterrorismo

Il pornoterrorismo si avvale del riconoscere che il sistema etero patriarcale (sistema sociopolitico nel quale il genere maschio e l’eterosessualità hanno supremazia sugli altri generi e sugli altri orientamenti sessuali) è violenza. Non una violenza fisica, ma interiore. Il nostro peggior nemico è ciò che abbiamo dentro. Sono le nostre paure, vergogne, tabù che creano una gabbia. Le troviamo guardandoci allo specchio, ogni mattina.

Il pornoterrorismo è la reazione a questo sistema di controllo sui nostri corpi. È la voglia di dar fastidio, di cambiare le cose in modo brutale e netto. Molti concetti fanno traballare la struttura del sistema. Una persona etichettata come mostruosa, scabrosa, degenerata è un virus, come tale, pericolos* per gli equilibri sociali.

Nel libro, Diana usa un linguaggio sporco e volgare:

Credo che il linguaggio osceno o volgare sia non solo più potente e comunicativo delle parole “normali/normative”, ma trasgredisca anche una legge: quella di dire ciò che è “adeguato” e “misurato”.

Pornoterrorismo, dunque, è anche non avere peli sulla lingua, è smettere di essere “a modo” come ti vuole la società. È urlare la propria rabbia, senza misure.

Viviamo in un mondo che vuole uomini e donne relegati nei ruoli sociali. Individui che in modo ripetuto seguono un copione scritto: lavoro, casa, scuola, matrimonio, figli. Ci chiedono di identificarci e vivere in modo accettabile, come ingranaggi funzionali del meccanismo sociale.

Pornoterrorismo: foto con Diana J.Torres nuda con il passamontagna nel gesto di lanciare una (finta) bomba a mano
Pornoterrorismo: la copertina dell’edizione italiana del libro, edito da Malatempora

La società ti etichetta, ti classifica: il gay, la lesbica, la prostituta, la femminista, la deviata, la maiala, la maschiaccia, il delinquente e così via. A questo Diana risponde “Andate tutt* a farvi fottere”. Bisogna trasgredire, nel senso di violare un preconcetto, oltrepassare i limiti imposti dalla norma. Noi siamo liber* di essere noi stess* e lo rivendichiamo con forza.

Lo Stato costruisce i nostri corpi, manipola i nostri corpi perché culturalmente e storicamente gli sono stati dati gli strumenti per farlo: se hai le tette e i capelli lunghi, o la gonna sei donna. Se fai qualcosa che non rientra in questi schemi, allora sei un’altra cosa. Sei sbagliat*, sei da curare o da riportare sulla “retta via”.

In questo campo le persone transgender hanno svolto un ruolo fondamentale: hanno trasformato i canoni estetici, culturali, sessuali ed emozionali di secoli, riuscendo a destabilizzare una delle strutture più potenti del sistema: il genere.

Ogni volta che ci proibiscono qualcosa è perché questo mette a rischio il potere stabilito, portandoci a diventare marionette non libere.

Così come l’averci nascosto per secoli il potere delle nostre vagine: dal clitoride, organo preposto esclusivamente al piacere, all’eiaculazione femminile (emissione di liquido nella zona vaginale durante le contrazioni dell’orgasmo) come atto di ribellione e rivendicazione dei nostri corpi di donna. Lo squirting può essere un atto politico contro la repressione dei nostri corpi, l’espressione libera del piacere e di tutte quelle forme di eccesso proibite alle donne da un sistema che ci vuole implosi (per approfondimenti si legga il libro della stessa autrice Fica Potens).

Come attuare il pornoterrorismo

La liberazione sessuale è pornoterrorista. Ogni azione pornoterrorista che si rispetti prevede del sesso dal vivo: fisting anale, sadomasochismo, squirting, penetrazioni, orgasmi, frustate. La partecipazione del pubblico è essenziale, non è spettatore, ma parte attiva della scena, un ponte che collega due mondi e permette il superamento dei tabù.

Ma le azioni pornoterroriste vanno oltre. Realizzarle su suolo pubblico è l’espressione della militanza politica. Puoi vedere le imposizioni sociali legate allo Stato o alla Chiesa, dai realmente fastidio, metti a disagio una società che non vuole vedere. Azioni che durano pochi minuti, il tempo di creare shock e fuggire per evitare ritorsioni legali.

Un esempio è dato dalla masturbazione collettiva svolta durante un evento alla Universitat Politècnica de València, in Spagna. La masturbazione fa parte del nostro bisogno fisiologico ma è un tabù.

Gli uomini lo fanno fin da bambini davanti a riviste porno, alla televisione, in bagno. Il cinema e la letteratura lo rappresentano e fa parte dell’immaginario collettivo. La masturbazione femminile, a differenza della sega maschile, non è supportato da una serie di condotte socialmente accettate come normali. Anzi. Alla donna certe cose non sono permesse. Deve essere pudica, composta, educata. Se esce da questo schema diventa cagna, puttana, sporca, porca.

Un’altra azione, “Pornoassalto acustico”, si svolse in Italia, a Roma a San Pietro. Vennero nascosti nella basilica alcuni registratori con nastri di gemiti e altri rumori sessuali. Da uno dei luoghi simbolo della Chiesa, una delle principali istituzioni fautrici della repressione sessuale, uscirono grida di piacere. Un addetto rimosse immediatamente i registratori come se nulla fosse successo. La stessa azione venne riproposta alla libreria Mondadori a Vicenza.

Molti considerano gli atti pornoterroristi brutti, violenti, repellenti. “Anche la violenza dei telegiornali fa schifo, ma quella la mandi giù insieme alla cena”, replica Diana, che definisce “pornografia mediatica” quella generata dai media e dalle televisioni con il bombardamento costante di contenuti e di notizie manipolate e senza scrupoli.

Diana J. Torres in una performance legge al microfono nuda e ricoperta di un liquido rosso
Pornoterrorismo: Diana J.Torres in una foto di Abekoco

Pornoterrorismo contro il controllo della sessualità

La guerra, le violenze che ogni giorno trasmettono e raccontano i telegiornali fanno parte della quotidianità di ognuno di noi. Le guardiamo, osserviamo e digeriamo come un piatto di pasta. Perché questo è accettato? Perché la violenza brutale sì, e il sesso libero no? Perché proclamare che l’amore tra due omosessuali è uno scandalo? Perché censurare le scene di sesso? Si decide cosa è giusto e sbagliato per noi.

Anche YouTube e i social censurano i corpi nudi. Le tette fanno scalpore ma il pestaggio di un ragazzo in una scuola superiore no. Le tette alterano l’ordine pubblico! In alcuni paesi c’è la pena di morte, l’incarcerazione o la tortura solo perché alcune persone hanno scelto di andare a letto con una persona che non era stata stabilita e “indicata” dal sistema culturale del posto.

Vi sono anche crimini socialmente accettati, promossi da religioni e governi verso i bambini: come l’infibulazione, tagliare il prepuzio, le mutilazioni genitali o i matrimoni combinati con minori equivalenti alla pedofilia. Ma anche nei Paesi dove queste pratiche violente sono istituzionalizzate, viene comunque repressa la libera sessualità, che continua a essere un tabù anche in Occidente.

Negli Stati Uniti, ad esempio, a 16 anni puoi possedere un arma o guidare un’auto, ma non puoi fare sesso legalmente. In Italia l’educazione sessuale praticamente non esiste. Abbiamo una società di giovani che crescono senza affrontare seriamente i pericoli delle malattie sessualmente trasmissibili, senza una guida che spieghi il rispetto di una donna, il limite tra consenso e violenza. Si forma una generazione allo sbando, senza regole di rispetto verso il prossimo, senza una coscienza sessuale del proprio e altrui corpo.

Per quanto una società si dimostri “moderna” la sessualità è sempre legata alla riproduzione.

Per questo la sessualità verso i disabili non è vista come lecita e pertinente, nonostante le campagne pubblicitarie sull’integrazione sociale. È normale concedergli un minimo di autonomia, ma nessun diritto sotto le lenzuola.

Pornoterrorismo contro il doppio standard sessuale

Ancora l’identità di genere della persona con cui si hanno relazioni sessuali è determinata per la validità del proprio genere. Per questo un uomo, grande, grosso e peloso, simbolo di virilità, crea terrore nel sistema etero normativo quando si scopa un altro uomo altrettanto forte come lui.

Le donne possono essere sfondate e sottomesse perché donne, un uomo eterosessuale no. “Eppure il buco del culo è uguale per tutti. Da qui esce la merda e da qui può entrare qualsiasi cosa vogliamo”, scrive Diana.

“Perché gli operai e muratori che lavorano ad un grattacielo possono stare a petto nudo e dire frasi sconce alle ragazze in gonnella che passeggiano? Perché questo fa parte della ‘norma’? Qualcuno ha mai pensato che essere considerate come oggetti sessuali è una violenza verso il nostro corpo? E se fossero le donne a stare a petto nudo, commentando, urlando e fischiando gli uomini che passano? Questo sarebbe visto male. Saremmo considerate delle ‘troie’, donne sguaiate e assetate di sesso. Puttane”.

Diana J. Torres lo rivendica il suo essere “puttana”, se questo significa essere libera.

Se non impariamo che la differenza uomo/donna è una produzione culturale, come lo è la struttura gerarchica patriarcale che ci opprime, rafforzeremo la struttura che ci tiranneggia: la frontiera uomo/donna.

Ci deve essere un movimento nuovo, diverso e forte, non dovremmo lasciarci guidare da stupidi criteri su chi scopiamo o cosa abbiamo tra le gambe. “Per quale motivo qualcuno dovrebbe venire a dare ordini nelle mie mutande?” . È più interessante e produttivo sapere se dietro ai nostri gesti c’è etica, coscienza politica, responsabilità.

Ovunque vi sia una norma, una legge, un protocollo, una morale rigida o una educazione al servizio del potere, ci saranno trasgressioni. Le commetteranno bambin*, pazz*, i selvagg*, delinquent*. Non faccio niente di nuovo. Faccio solo il mio lavoro.