La giornata contro la violenza sulle donne deve essere spunto di dibattito, l’inizio di un percorso di (auto)coscienza e di cambiamento della società. Non l’ennesimo lavacro per la coscienza dei potenti o peggio l’ennesima occasione di marketing
Chi mi conosce lo sa, odio le ricorrenze e in generale “giorni di/del” (San Valentino piaga dell’umanità, feste di mamme, papà e altri animali, figuriamoci). Sono anni che sostengo che l’otto marzo, così com’è stato trasformato dalla nostra società capitalista (nostra nel senso di prettamente italiana, già nel Regno Unito l’International Women Day ha un senso più politico), con le sue mimose obbligatorie e le cenette “riservate alle donne” mi fa orrore.
Eppure penso che della Giornata contro la violenza sulle donne ci sia bisogno. Perché una giornata su un problema strutturale della nostra società, su come concepisce i rapporti tra le persone e – in questo caso particolare – tra i generi, è uno strumento utile, se usato nel modo giusto.
Chiariamo subito: una giornata del genere deve servire per innalzare il livello di consapevolezza della società tutta, anche di quelle parti (scommetto a occhi chiusi che siano la maggioranza) che dicono “a me non riguarda”, o dei soliti “benaltristi” di destra, centro e sinistra.
Ho bisogno che la giornata contro la violenza sulle donne serva per far capire che la violenza domestica non è solo un fatto privato, che inizia e finisce coi confini della propria casa, ma che rivela un malessere generale della nostra società, per la quale le vite delle persone non sono tutte uguali, non hanno lo stesso valore (del desolante risultato del sondaggio su questo tema ne abbiamo parlato qua).
Ho bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne per abbattere il mito della donna “che se lo è meritato”. Nessuno si merita violenza, di alcun genere, mai. Tanto più in un rapporto che si vorrebbe di amore e affetto reciproci. Le donne, certo, possono lavorare sulla loro autostima, sulla loro consapevolezza, sul crearsi reti di salvataggio e combattere quei meccanismi psicologici che impediscono loro di denunciare o ancora prima di riconoscere gli abusi.
La violenza, è bene ricordarlo, non marchia solo la pelle, ma anche l’interiorità. E’ pugni e schiaffi, urla e ricatti morali. Il peso non può essere tutto sulle spalle della donna che subisce, perché questo non fa altro che rinforzare proprio la dinamica di potere che è alla base di ogni manifestazione di violenza.
Ho bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne che aiuti a individuare i meccanismi sociali che sono alla base del fenomeno e che sia luogo per iniziare un dibattito (troppo facile lavarsi la coscienza con una giornata di ventiquattro ore) su come cambiare i rapporti fra i generi, su come combattere questo Potere che opprime i deboli (che in questo caso sono le donne, ma siamo sempre tutti oppressori di qualcun altro).
Sono consapevole che una società senza rapporti di Potere è una società utopistica, ma è dovere dello Stato – in quanto rappresentazione democratica della società- far sì che questo sia il più possibile equamente distribuito tra i propri cittadini, che non si limiti a proteggere i più deboli e punire chi abusa; questo, infatti, dovrebbe essere il livello minimo per uno stato che voglia dirsi democratico, lascio a voi giudicare se il nostro Stato lo faccia davvero.
In questo caso, è compito dello Stato – e quindi compito nostro come cittadini e cittadine – cambiare fattivamente lo sbilanciamento di Potere tra i due componenti della coppia, nella maggior parte dei casi tra l’uomo-padrone e la donna-possesso. Padrone, possesso… torna una terminologia arcaica, primitiva: il fenomeno della violenza contro le donne mette in luce proprio questo, che la nostra società, noi come individui, siamo ancora fermi a comportamento primordiali, incorporati da secoli e secoli nei nostri comportamenti quotidiani.
Qualcuno dirà “ma io non sono così”. Mente. Tutti abbiamo dentro di noi, spesso in modo del tutto involontario o anche contrario ai nostri principi morali e politici, questo tipo di dinamiche, trasmesse dai nostri padri e dalle nostre madri e dai padri dei nostri padri e dalle madri delle nostre madri. Proprio perché noi, come padri e madri delle generazioni future (non mi riferisco alla scelta di avere o no dei figli, ma tutti noi generiamo con o senza ovuli e semi il mondo che verrà e siamo dunque responsabili della società che lasceremo alle generazioni che verranno), dobbiamo riconoscere dentro di noi questi meccanismi, chiamarli per nome a voce alta, senza pudore e senza pietà, e adoperarci per cambiare noi stessi ed eradicare queste dinamiche dalla società.
Ho bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne per poter parlare di educazione. Chiamatela educazione sentimentale, io preferisco chiamarla “educazione alla libertà dell’essere umano”, in ogni caso di come potremo insegnare a chi è ancora innocente, non del tutto asservito alle dinamiche del Potere e a chi potrà direttamente guardare la società con occhi nuovi, il modo migliore per impostare le relazioni con gli altri, rispettando la libertà, la dignità e l’autodeterminazione di ognuno.
Ho bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne che sia internazionale, perché, in un mondo globale, globali devo essere prima di tutto i diritti. Perché è l’unione di tutte le voci che fa la forza, anche grazie alla loro diversità.
Ho bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne che non diventi una parata del Potere stesso, che per un giorno mostra la sua maschera fintamente buona, concedendo che oggi se ne parli, ma domani o la sera stessa ci si comporti come prima archiviando tutto. Che non diventi occasione per aumentare il Potere, attraverso la creazione di nuovi consumi “antiviolenza”.
Ho bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne che sia nostra, di tutti, che dia voce alle donne che stanno in silenzio, a chi il Potere non ce l’ha, affinché si abbatta la narrativa della vittima indifesa.
Ho bisogno di una giornata sulla violenza contro le donne che ci coinvolga tutti, che parta da noi e non dall’altro. Perché tutti abbiamo bisogno di cambiare questa società.
Nell’immagine: la Venere degli stracci fotografata da rbasallote