Poco tempo fa abbiamo dato vita a un progetto a cui tenevamo tantissimo, un club del libro dedicato a letture che affrontano tematiche femministe e di genere: il Pasionaria Book Club, che conta ormai oltre cinquecento membri!
Il primo libro che abbiamo letto insieme e su cui ci siamo confrontati e confrontate è stato “Una donna“, di Sibilla Aleramo, scelto tramite sondaggio. Ecco la nostra prima recensione collettiva!
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Sibilla Aleramo e “Una donna”
La scrittrice e poetessa nota al pubblico come Sibilla Aleramo, si chiamava in realtà Marta Felicina Faccio ed era nata ad Alessandria nel 1876.
In “Una donna”, che viene considerato il “primo romanzo femminista italiano”, l’autrice racconta la sua vita da quando, a 12 anni, si trasferì con la famiglia da Milano a Civitanova Marche, fino al momento in cui Marta, nel 1901, decise di ribellarsi alla cultura patriarcale che la voleva moglie e madre remissiva, scegliendo la libertà di essere se stessa oltre le convenzioni.
Il romanzo offre uno spaccato autentico della vita piccolo borghese dell’epoca: le relazioni tra uomini e donne, i poteri di forza, il provincialismo. Nonostante il linguaggio a volte ostico, che alcune di noi hanno trovato poco scorrevole, alcuni temi centrali del racconto autobiografico di Sibilla Aleramo sono più che mai attuali: la violenza fisica e psicologica da parte del compagno, il rapporto tra madre e figlia, la complessità dell’essere madri.
Non solo: l’autrice, durante il suo percorso personale di presa di coscienza ed emancipazione, parla espressamente di femminismo e della sua adesione e partecipazione al movimento delle suffragette per il diritto di voto.
Pubblicato nel 1906, tradotto in sette lingue, “Una donna” fu subito molto discusso e amato. Nel 1956 Sibilla, che stava per compiere 80 anni, scrisse all’editore Arnoldo Mondadori:
Se io fossi nata in un qualunque altro paese, avrei in quest’occasione onoranze nazionali. Perché sono un poeta, e la sola donna poeta oggi nel paese, perché il mio primo libro “Una donna” avrà a novembre cinquant’anni, perché i giovani si stupiscono ch’io, mezzo secolo fa, scrivessi per i giovani d’oggi e per quelli che vivranno il secolo venturo… Io ho dinanzi a me il futuro, anche se voi non lo credete.
Cosa ci ha colpito
La capacità di autoriflessione dell’autrice, la quale di fronte a regole di condotta precostituite non si lascia sopraffare ma reagisce cercando una strada diversa di autorealizzazione. [ Sayuri ]
Questo libro, a oltre un secolo di distanza, parla ancora alle donne, portando una forte e decisa testimonianza di ribellione alle imposizioni sociali, in cui non è difficile riconoscersi. Il suo titolo, “Una donna”, racchiude il senso di questa autobiografia, che racconta una vita comune a tante e in certi aspetti a tutte le donne italiane. [ Benedetta ]
Ho apprezzato sopratutto la testimonianza e la descrizione che Aleramo fornisce di un’epoca così diversa, dove la donna era ancora quasi completamente imprigionata nel ruolo conferitole dalla società, in balia della cultura del tempo. La protagonista vive in funzione di un uomo, prima che per se stessa e questo la rende incompleta. La sua essenza non si esprime appieno a causa della mancata possibilità di scegliere autonomamente del proprio destino. [ Francesca ]
Il modo di raccontarsi libero da ogni stereotipo. [ Anna ]
Aleramo produce prese di coscienza acute e originali, contemporaneamente serene e appassionate, sia sulla propria vita che sui fenomeni sociali. Secondo me ha una grande sensibilità letteraria, perché riesce a descrivere sia le situazioni drammatiche che la vita più noiosa in modo sincero e interessante. [ Luca ]
Ci viene comunicata tutta la rassegnazione dell’essere donna in una società maschilista, cieca e sorda, che mette l’uomo nella condizione di non essere giudicato per i suoi atti violenti, mentre la donna è costretta a provare un perenne senso di colpa. [ Martina ]
Cosa non ci è piaciuto
Aleramo non scrive soltanto dalla prospettiva della suffragetta, quanto da quella della letterata di professione. Scrive ciò che sa sarà pubblicabile e avrà successo (non è un caso che Una donna diventi un best-seller): trovo che nella sua scrittura ci sia molto di tutte le tendenze letterarie del primo Novecento, mescolato ad arte con i temi che allora erano d’attualità nelle èlites culturali europee, che potevano dare scandalo ma non poi così tanto da incorrere in una feroce censura (anche lo pseudonimo è una grossa operazione letteraria). Il merito è dovuto soprattutto al fatto che a livello letterario in Italia non c’era molto altro (Grazia Deledda si muove su tutt’altri temi e su tutt’altra caratura letteraria; lo stesso si può dire in parte per Matilde Serao). Siamo ben lontane da figure ben più rappresentative del panorama europeo e mondiale (Gertude Stein, Lou Von Salomè, la stessa Virginia Woolf). [ Beatrice ]
Nel libro il femminismo della protagonista è vissuto in modo molto personale e non c’è spazio per la sorellanza: l’autrice non lesina critiche nei confronti di altre donne che non si rendono conto come lei di essere ingabbiate nella cultura patriarcale, nei confronti delle quali mostra più fastidio che comprensione. Da questo punto di vista, ho trovato la sua analisi a tratti superficiale. [ Benedetta ]
“Una donna” per me non è immortale, questo libro è più utile all’autrice che agli altri, senza togliere che non è neppure inutile, sia chiaro. Semplicemente non lo annovero tra i testi classici e di formazione. [ Diletta ]
Perché questo libro è femminista?
Ha il merito di introdurre in Italia temi che, fino ad allora, non avevano avuto voce in letteratura. [ Beatrice ]
Per i temi trattati e per l’epoca in cui è stato scritto, è decisamente un libro femminista: la protagonista, nonostante la segregazione da parte del marito-padrone, ha sempre cercato di esprimere se stessa (la collaborazione alla rivista femminile ha un ruolo importante), interrogandosi continuamente sul suo ruolo di madre assoggettata, sulla sua dignità e sul suo posto nel mondo. [ Sylvie ]
Perché ha in sé la ribellione di fronte allo status quo. La rinuncia a una parte di sé per favorire l’espressione della femminilità, negata per esaltare in modo schizofrenico la maternità, unica dimensione riconosciuta alla donna, in tutte le culture e in tutti i tempi. [ Sayuri ]
E’ un libro femminista perché descrive non solo le condizioni di una donna in un certo periodo storico ma soprattutto le sue ambizioni, le frustrazioni, le riflessioni e i patimenti di un essere umano particolarmente sensibile e forte. Ci aiuta quindi a capire tanti dei motivi concreti per cui il femminismo esiste ed è necessario. [ Luca ]
Le citazioni che abbiamo amato
Compresi per la prima volta tutto l’orrore della mia solitudine, sentii il gelo dei miei vent’anni privi d’amore, e piansi un lungo pianto desolato e selvaggio, cessato il quale seppi la misura della mia miseria.
Ero più che mai persuasa che spetta alla donna di rivendicare sé stessa, ch’ella sola può rivelar l’essenza vera della propria psiche, ma anche, anche di dignità umana.
La buona madre non dev’essere come la mia, una semplice creatura di sacrificio: deve essere una donna, una persona umana.
Perché nella maternità adoriamo il sacrifizio? Donde è scesa a noi questa inumana idea dell’immolazione materna? Di madre in figlia, da secoli, si tramanda il servaggio.
Avevo dato l’addio alla vita semplicemente, fermamente, benché in un’ora di smarrimento; come ubbidendo a un comando venuto da lungi più che alla necessità imperiosa dell’istante. La mia esistenza doveva finire in quel punto: la donna ch’io ero stata fino a quella notte doveva morire. Vi sono periodi che non possono risolversi e che sembra vadano chiusi bruscamente con una pietra sepolcrale.
Tra le due fasi della vita femminile, tra la vergine e la madre, sta un essere mostruoso, contro natura, creato da un bestiale egoismo maschile: e si vendica, inconsapevolmente. Qui è la crisi della lotta di sesso. La vergine ignara e sognante trova nello sposo un cuore triste e dei sensi inariditi; fatta donna ed esperta comprende come il suo amore sia stato prevenuto da una brutale iniziazione. Fra i due torna spesso l’intrusa, e il solo ricordo avvilisce ogni loro bacio.
Alfine mi riconquistavo, alfine accettavo nella mia anima il rude impegno di camminar sola, di lottare sola, di trarre alla luce tutto quanto in me giaceva di forte, d’incontaminato, di bello.