
Durante l’estate nel nostro Pasionaria Book Club abbiamo affrontato la lettura della più famosa distopia scritta da una donna, “Il racconto dell’ancella” di M. Atwood.
Pubblicato nel 1985, (The handmaid’s tale), per anni la traduzione italiana è stata fuori stampa finché, grazie al successo della serie televisiva di Hulu, è stato recentemente ristampato da Ponte alle Grazie.
In questa distopia, Margaret Atwood immagina che gli Stati Uniti siano diventati una teocrazia di ispirazione biblica, la Repubblica di Galaad.
In questa recensione collettiva raccogliamo le opinioni di chi ha partecipato alla lettura e condiviso le sue impressioni nel nostro club del libro.
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Cosa ci è piaciuto
Il libro mi è piaciuto assai, l’ho trovato potente, entusiasmante, capace di rapirmi dentro un mondo un po’ orwelliano e un po’ dickiano, che sono autori che adoro. Un mondo che potrebbe esistere, che esiste già anche se non è, per alcuni versi, fortunatamente ancora così esasperato. [Marta]
Immaginifico e spettrale. Ho avuto un rapporto ambiguo, come ambigua è la storia che attrae e respinge, mentre la scrittura pacata armonizza l’inenarrabile affermazione di una società sessista, gerarchica e fascista. La creazione delle caste femminili, suddivise per colore che distingue la mansione, la negazione dei rapporti umani, dell’amicizia e solidarietà tra donne automi che rifiutano di essere tali. Le sparizioni, le impiccagioni simboliche ripetono la storia di regimi esistiti ed esistenti. Le ribelli che diventano paria o spariscono ai margini dei margini. Le assurde marionette maschili gestiscono un potere appena abbozzato, mai descritto, che si esprime anche nella capacità prolifica e generativa. Il libro conquista a mio parere un posto di tutto rispetto nella letteratura femminista. C’è poi la straziante messa in scena del parto, difficile da commentare, se non come negazione della maternità e appiattimento del corpo riproduttivo della donna che raddoppia, si stratifica, si riduce ad un compromesso kafkiano. Mi ha sorpreso questa Atwood degli anni Ottanta. [Luana]
Mi ha colpito molto come nel libro il corpo della donna fertile, l’ancella, sia totalmente asservito alla maternità. Divieto di fumare e di bere alcolici, obbligo di mangiare cibi sani, di prendere le vitamine e di fare un blando movimento fisico. Questa situazione rispecchia quello che si vive quando si decide di avere un figlio: senza che ce ne accorgiamo, un pezzetto alla volta, il nostro corpo non ci appartiene più, diventa uno strumento, un mezzo. È facilissimo farsi prendere la mano e trasformarsi in “uteri con le gambe” anche con le proprie stesse mani, senza scomodare Trump o la Lorenzin. Questo è stato l’aspetto che maggiormente mi ha colpito e fatto riflettere anche sulla mia esperienza. [Chiara]
Cosa non ci è piaciuto
Non mi ha del tutto convinta. Anzi mi ha convinta pochissimo.
Mentre è un ottimo diario intimo delle sensazioni della protagonista, rese in modo quasi fisico e, per me, arduo da sopportare, mi è mancato tutto il resto: informazioni sulla società, sul regime, su come si è arrivati a instaurarlo, su chi è al comando. Tutte cose tipiche del genere distopico. E che i maestri del genere ci forniscono.
[Vera]
Ho per questo libro dei sentimenti contrastanti. Dal punto di vista letterario è senz’altro ottimo: costruito in modo rigoroso, rispettando i canoni del genere distopico, ma cercando di contaminarlo con altri generi tipicamente femminili. Tuttavia, pur amando molto le distopie in genere, questa non mi soddisfa pienamente (un po’ come diceva Vera) perché lascia troppi punti indeterminati e poco comprensibili, che si sarebbero potuti far intuire pur lasciando intatta la struttura. Mi sembra che il messaggio dell’autrice prevalga sull’attenzione al coinvolgimento di chi legge. [Beatrice]
Perché è un libro femminista
Penso che la prospettiva di questo romanzo possa essere vista come femminista, in fin dei conti immagina dei rapporti di potere che incarnano un patriarcato all’ennesima potenza: l´élite decisionista è composta da uomini e le donne sono ridotte alle mere funzioni riproduttive e di cura, viene loro negata una vita intellettuale ed un’autonomia economica nonché il controllo stesso sui propri corpi, vengono demonizzate, “incolpate” in caso di mancato concepimento. Particolarmente sconsolante è a mio parere anche la scena nel club notturno, dove il Comandante sottolinea con supponenza che le escort lì presenti fossero in precendenza avvocate, sociologhe, giornaliste, come se vantasse il fatto di aver depurato la società dalle intelligenze femminili. Per quanto Gilead sia un regime liberticida in generale, che prevarica l’individuo e i suoi diritti in nome di doveri “dettati da Dio”, mi pare che la negazione sia attuata soprattutto nei confronti dell’individuo-donna. E per questo discorso femminista si serve di un punto di vista narrante femminile in quanto punto di vista privilegiato per descrivere l’oppressione subita dalle Ancelle, le “vittime sacrificali” alle esigenze riproduttive della società e dell’élite al potere (la scrittrice stessa sottolinea che il nome Of-fred non indica solo una sorta di patronimico ma allude anche all’ “offerta”). E nel descrivere l’oppressione non credo l’autrice cada nello stereotipo di donne-sempre-vittima, basti pensare al ruolo delle Mogli, partecipi dello sfruttamento pur di diventare madri, o delle Zie che, attraverso un regime di paura e punizione corporali, esercitano un controllo radicale sulle Ancelle. [Barbara]
Credo che sia un libro femminista innanzitutto perché fa proprio della battaglia sui corpi delle donne e sulla salute riproduttiva il focus principale e perché più in generale descrive, seppure in maniera immaginifica, i rapporti di potere tipici di una società patriarcale. [Beatrice]
Le nostre citazioni
“Esiste più di un genere di libertà, diceva zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. Non sottovalutatela.”
“Vivevamo, come al solito, ignorando. Ignorare non è come non sapere, ti ci devi mettere di buona volontà.”