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“I figli gay? Dallo psichiatra”. Le gravi responsabilità di Papa Francesco

Il pontefice, in veste di guida pastorale per le famiglie, si è espresso al ritorno dall’Irlanda sull’omosessualità con delle gravissime esternazioni. Colpisce in particolare la frase: “In quale età si manifesta questa inquietudine del figlio? Una cosa è quando si manifesta da bambino che ci sono tante cose da fare con la psichiatria, per vedere come sono le cose. Un’altra cosa è quando si manifesta dopo 20 anni o cose del genere”.

La “inquietudine” è riferita all’omosessualità e le “tante cose da fare” di cui parla sono quasi certamente le cosiddette “terapie” riparative (ne avevamo già parlato in questo puntuale articolo di Beatrice da Vela). È d’obbligo usare le virgolette quando parliamo di “riparare” minori, prima di tutto perché non sono rott* o sbagliat* o malat* e poi perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rimosso l’omosessualità dalle malattie mentali nel 1990 e ha tolto l’incongruenza di genere dal capitolo sulle malattie mentali nel 2018.

È ormai assodato che queste tecniche non funzionano (qui si spiega bene perché). Il pontefice sta dando un suggerimento che alimenta con false speranze i desideri di “normalità” e omologazione dei genitori e favorisce e va ad ingrassare le tasche di ciarlatani.

È stato ampiamente dimostrato che queste tecniche siano dannose per i minori (gay o trans che siano) tanto da portare in alcuni casi anche al suicidio e in altri casi a rischi per la propria salute psico-fisica (si veda il film Prayers for Bobby o si legga la storia di Leelah Acorn o si legga la testimonianza di James Guay).

Minano profondamente l’autostima e l’autonomia della persona e la fanno sentire sbagliata e non accettata quotidianamente all’interno della propria rete e comunità di sostegno, che è quella con la quale si condividono i valori e le risorse necessarie per la sopravvivenza, soprattutto se minorenni o dipendenti dalla famiglia.

Ricercatori (Bryant, 2006, 2008; Butler, 2004; Ehrensaft, 2011; Gotlib, 2004; Hegarty, 2009; Hird, 2003; Langer & Martin, 2004; Lev, 2005; Tosh, 2011; Pyne, 2014), associazioni di professionist* (American Psichiatric Association, American Psychological Association, American Academy of Pediatrics e WPATH: l’Associazione Mondiale di Professionist* per la Salute Transgender) e associazioni transgender considerano questo modello non-etico, in quanto vìola il principio fondamentale del non causare danno.

In Europa il Parlamento Europeo si è fermamente espresso contro questo tipo di terapie nel Report annuale sulla situazione dei diritti fondamentali (2018) e in Italia sono vietate dal codice deontologico dell’Ordine degli Psicologi, come ampiamente ribadito nel tempo dal presidente Giuseppe Luigi Palma.

In Gran Bretagna c’è una proposta del governo di metterle fuori legge e anche in Germania si sta discutendo sul renderle un reato. Facebook in seguito ad un’inchiesta che vedeva come target delle sue pubblicità sulle “terapie” riparative i minori ha rimosso le pubblicità per quel tipo di target.

Il pontefice ha delle gravi responsabilità a suo carico a seguito di queste esternazioni (non solo per lo scandalo dei preti pedofili che nessuna policy interna sembra arginare a sufficienza).

Procreare non è un obbligo, soprattutto se non si è in grado di assumersi la responsabilità di fornire un ambiente almeno non ostile alla progenie. Una famiglia che vuole cambiare u figli* a tal punto da mettere i propri desideri di normalità e omologazione prima del loro benessere è una famiglia immatura ed egoista che fa ricadere le esternalità negative del proprio comportamento su tutta la società e lo stesso vale per gli/le psichiatr* che promettono “cure” impossibili e dannose.

Chi si occuperà del minore che tenti il suicidio a seguito delle “cure” riparative? Il Servizio Sanitario Nazionale pagato da tutt* i contribuenti. Chi si occuperà del minore se sviluppa qualche disturbo psichiatrico che ne mini la capacità di trovare un lavoro e mantenerlo a seguito delle “cure”? Tutt* i contribuenti con le tasse sotto forma di cure psichiatriche, indennità di disoccupazione, eccetera.

Qualsiasi comportamento irresponsabile a livello familiare ha delle eco enormi sullo sviluppo e sul benessere economico e sociale a livello pubblico. Per questo le cosiddette “terapie” riparative andrebbero messe fuorilegge. Non si tratta solo di sofferenza inutile di singoli individui.

Non mi aspetto che le persone cattoliche diventino tutte improvvisamente a favore dell’omosessualità o delle persone trans, ma c’è un divario enorme tra non essere a favore ed essere attivamente contro.

I genitori dovrebbero evitare di mettere il loro ego di fronte alla sofferenza inutile de* loro figl*, che non hanno chiesto di nascere e non hanno scelto in quale famiglia nascere.

Proprio oggi è l’anniversario della morte di Cesare Pavese che prima di suicidarsi scriveva:

“Ma la grande, la tremenda verità è questa: soffrire non serve a niente”.