Nei bagni della sede storica di una grande azienda c’erano solo orinatoi maschili. Per risolvere il problema il responsabile legale trovò la soluzione su Google: onde evitare che le dipendenti di sesso femminile fossero costrette a uscire dall’ufficio ogni volta che la natura chiamava, l’azienda avrebbe fornito loro una generosa scorta di un nuovo prodotto, degli imbuti di cartone usa e getta appositamente studiati per aiutare le donne in situazioni simili.
Perché ho inventato di sana pianta questo aneddoto (ma non gli imbutini, quelli esistono davvero) che non si è mai verificato? Per guardare da un altro punto di vista una notizia di qualche settimana fa che, per lo più, ha riempito di commenti entusiasti le testate online dei giornali italiani: la Apple, come Facebook fa da tempo, a partire dal 2015 pagherà alle proprie dipendenti il congelamento degli ovuli (per rinfrescarvi la memoria qui c’è un articolo di Repubblica con tutti i dettagli).
Dopo aver letto per la prima volta alcuni articoli, ho cominciato a elencare le domande che mi venivano alla mente, nella speranza che in futuro avrei avuto la capacità di darvi risposta. Ad esempio:
- che cos’è la maternità? La maternità coincide forse con “il piacere di diventare mamme” a cui si fa riferimento sul Fatto? Si tratta di uno sfizio, di un bene di lusso che le donne si concedono non riuscendo a resistere alla tentazione?
- perché non si parla altrettanto spesso del “piacere di diventare papà” ? E’ meno piacevole? oppure non comporta le stesse rinunce professionali?
- che cos’è “il mestiere della mamma”? E’ indubbio che solo la donna può partorire e allattare, ma accudire un figlio è anche altro. Facebook ed Apple non sono preoccupate che i loro dipendenti maschi trascurino il lavoro per dedicarsi alle cure parentali che non richiedono una vagina o un seno?
- perché le due aziende non pagano per il congelamento degli ovuli delle compagne di tutti i loro dipendenti uomini? I neo-papà non si distraggono a lavoro? Perché tolleriamo che sia richiesto agli uomini di rinunciare ad esercitare “il mestiere del papà” ?
Man a mano che elencavo i miei dubbi, per qualche ragione, è diventato sempre più complicato trovare delle conclusioni soddisfacenti.
- le aziende stanno forse dicendo alle loro dipendenti “potete avere tutto (cioè anche una famiglia!), ma noi siamo la vostra priorità in ordine di tempo”?
- è vero che il temibile “orologio biologico” e la natura del nostro stesso corpo ci sono nemici? Che essi esercitano su di noi una “pressione schiacciante” da cui l’azienda-amica ci aiuta a difenderci?
Ma soprattutto:
- è vero che la maternità è un problema per le donne? Oppure è il congedo di maternità a essere un problema per l’azienda, come sospettato nell’articolo dell’Huffington Post?
A qualche domanda, però, ho saputo rispondere. Commentando la notizia con degli amici (sì, sono uomini, ma sarà sicuramente una coincidenza) infatti ho notato che i loro dubbi erano diversi dai miei.
- in fondo, si chiedevano, perché le aziende dovrebbero accollarsi il costo del congedo di maternità, come le obbliga a fare la legge (almeno per chi risulta assunta) senza nemmeno cercare di contenere i danni (economici) con soluzioni alternative, come il congelamento degli ovuli?
- è poi veramente giusto che lo Stato e la legge proteggano le donne obbligando le aziende a non distinguere tra le capacità produttive maschili e le loro, che sul piano delle ore lavoratore annuali sono potenzialmente inferiori proprio a causa delle gravidanze?
Fortunatamente sono passati i tempi in cui lo Stato riteneva che mettere al mondo cittadini e lavoratori fosse un dovere della donna, da esigere e premiare come in un allevamento di bestiame. Tuttavia i dati demografici non lasciano indifferenti neanche le nostre economie moderne. Le stesse aziende per cui il congedo di maternità rappresenta un costo sono ben contente se a fare figli sono i dipendenti della concorrenza, perché vedono in quei neonati fonte di bisogni per le famiglie e quindi di domanda. Domani poi essi diventeranno i futuri consumatori, risparmiatori, lavoratori, insomma i futuri produttori di profitto.
A livello macroeconomico è questa la ragione per cui la legge, quando richiede alle aziende di accollarsi i costi della riproduzione umana (ivi compreso il congedo di maternità), non sta proteggendo le donne, ma semplicemente inibendo il fenomeno del “free-riding”. In qualità di free-rider un’azienda raccoglierebbe i benefici economici delle nascite, senza pagarne i costi. Il crollo delle nascite, o del lavoro femminile, porterebbe nefaste conseguenze sull’economia nel suo complesso. Con il congedo di maternità non si proteggono quindi “solo” i diritti individuali delle donne.
Nella maggior parte dei paesi occidentali l’età media della donna alla nascita del primo figlio è in continuo aumento dal 1970. Oggi, nei Paese OCSE, l’età media della donna al primo parto sfiora i 28 anni. E’ lecito dunque supporre che, tra le dipendenti di due aziende come Facebook e Apple, una buona parte avrebbe comunque scelto di avere un figlio dopo i 30, e grazie al congelamento vedrà solamente aumentate le proprie probabilità di restare incinta quando lo desidera, inseminando i propri ovuli appena ventenni. Quindi il congelamento degli ovuli è una soluzione che, al tempo stesso, contiene i costi per l’azienda e viene incontro alle esigenze individuali più diffuse.
A tutti gli effetti è un benefit per incentivare il lavoro femminile. Talmente generoso che sembra testimoniare che il contributo delle donne nelle aziende come Facebook e Apple è considerato più prezioso di quello degli uomini. Per loro non ci sono “imbutini di cartone gratuiti”.
Oppure Facebook e Apple non hanno bisogno di incentivare il lavoro femminile e stanno reagendo all’impossibilità, legale, di discriminare le donne sul lavoro e di rifiutarsi di pagare il congedo di maternità.
Molti dubbi restano ancora da chiarire:
- la discriminazione sessista è il trattamento differenziato tra uomini e donne basato su un pregiudizio. Ma la gravidanza e la perdita di fertilità collegata all’età della donna sono realtà, non pregiudizi. A queste realtà deve conseguire una differenza di trattamento per garantire la parità di opportunità?
- il trattamento differenziato necessario potrebbe essere il congelamento degli ovuli?
- oppure, invece di equiparare la donna all’uomo, la tecnologia medica in questo caso ci aiuta solo ad appiattirla sul modello maschile? Se così fosse, sarebbe una cosa grave? Che male c’è a poter fare pipì in piedi?
- e di che modello maschile parliamo? Quello obsoleto degli “uomini in carriera” che non si occupano d’altro all’infuori del lavoro, trascurando persino la famiglia? Questi orinatoi non saranno scomodi anche per loro?
Per molte donne, nei prossimi anni, il congelamento degli ovuli sarà comunque una soluzione, seppur artificiale, per continuare a lottare in un mondo che cambia, ma per certi aspetti resta sempre uguale. Un mondo che continua ad offrirci solo rimedi palliativi, dopo averci creato problemi reali che, in un sistema a misura di donna e di uomo, non avremmo.
In attesa di chiarirci le idee, sarà meglio mostrarci grate alla Apple.
La foto è un’opera di Birgit Jurgenssen