Abbiamo partecipato all’assemblea nazionale di Non Una di Meno a Bologna. Vi raccontiamo com’è andata
Lo sciopero delle donne si farà, l’8 marzo prossimo, insieme a quasi altri trenta paesi nel mondo. Questa la conclusione fondamentale dell’assemblea di Non Una di Meno, tenutasi a Bologna il 4 e 5 febbraio. C’eravamo anche noi di Pasionaria, come a novembre.
Presto usciranno i report dei singoli tavoli di lavoro che si sono svolti nella giornata di sabato e nella mattinata di domenica: in sostanza si è continuato a lavorare al Piano femminista nazionale contro la violenza di genere, arrivando a individuare per ogni tavolo alcuni nuclei specifici da sviluppare poi dalle attiviste nelle relative mailing list dedicate a ogni tavolo.
Domenica pomeriggio si è svolta invece la partecipatissima assemblea plenaria, durante la quale si sono letti i report dei singoli tavoli e soprattutto si sono delineate alcune modalità comuni per lo sciopero dell’8 marzo.
Lo sciopero si farà, non solo per aderire alla mobilitazione femminista internazionale, ma riappropriarsi di una parola e di tutta una semantica che fino agli anni recenti e ancora nella mentalità comune è legata a forme di manifestazione novecentesche, a lavori del settore primario e secondario e a forme di contratto ormai sempre più rare nelle nostre società. E ancora più rari per le donne.
Le varie iniziative che si articoleranno sui territori e che sono ancora in via di definizione avranno una piattaforma comune ben precisa: non si sciopera solo dal lavoro produttivo, ma si sciopera dal lavoro riproduttivo, dal lavoro di cura, dal consumo, dagli stereotipi di genere che colpiscono più violentemente e visibilmente le donne e le minoranze di genere.
Bisogna dare un nuovo significato al termine sciopero, in modo da renderlo intersezionale, coinvolgendo anche chi non ne ha diritto, chi non ha un lavoro, chi ancora studia e chi, per motivi personali e insindacabili, quel giorno non potrà materialmente astenersi dal lavoro. Proprio per favorire la maggior partecipazione possibile, si cercheranno di programmare le manifestazioni locali nel tardo pomeriggio o durante la sera.
Non solo uno sciopero di genere, quindi, ma uno sciopero dai generi, per rivendicare la libertà e l’autonomia dei nostri corpi.
Ci si vestirà di nero, colore del lutto, come ci hanno insegnato le compagne polacche della Czarny protest, aggiungendo anche il fucsia, per ricordare il logo ufficiale di Non Una di Meno.
Il processo di organizzazione verso l’otto marzo e verso quelle che saranno le tappe successive del movimento (prossimo appuntamento per l’assemblea nazionale saranno le giornate del 22-23 aprile a Roma) è certamente ancora lungo e non privo di criticità, che talvolta accendono la discussione in modi non sempre costruttivi, ma l’impressione è che si stia andando nella giusta direzione.
Soprattutto ci sembra che la forza di Non Una di Meno sia nella riscoperta di forme di partecipazione fisica, nel gettare in prima linea i nostri corpi, gli stessi che la violenza di genere vorrebbe annullati o neutralizzati, permettendo di liberare tutta la loro forza, riappropriandosi di spazi fisici, che siano le piazze e le strade o le aule delle università, e ideali, come lo spazio della politica, che è in media dominata dagli uomini cisgender.
L’assemblea di domenica ha invece dimostrato, ancora una volta, come le nostre fisicità (di qualunque tipi esse siano) sono strumento per portare avanti le nostre idee e i nostri ideali. Ed è meraviglioso, anche se non pacifico e senza conseguenze, che finalmente dentro questa marea di corpi liberati entrino non solo i corpi delle donne cisgender e mtf, ma tutti i corpi oppressi dalla violenza eteropatriarcale.
Questi stessi corpi saranno quelli che, con la loro unicità, si riapproprieranno degli spazi l’8 marzo. Voi ci sarete?