Che siate fan o meno di Gilmore Girls, l’ultima attesa stagione della serie tv ha obiettivamente seri problemi con il femminismo intersezionale: ecco cosa non ci è piaciuto di “Una mamma per amica: di nuovo insieme”. Nell’eventualità che non l’abbiate visto, sappiate che questo articolo è pieno zeppo di spoiler!
Quasi dieci anni fa è andata in onda quella che credevamo sarebbe stata l’ultima puntata di Gilmore Girls, in Italia ribattezzato Una mamma per amica. Nel frattempo nella vita di noi fan sono cambiate un sacco di cose.
Una decade dopo, ecco che arriva Gilmore Girls: a year in the life (in italiano: “Una mamma per amica: di nuovo insieme”), quattro puntate a chiudere, pare per sempre, la serie con il finale degli autori originali, Amy Sherman-Palladino e suo marito Daniel Palladino, che a causa di dissidi con la produzione avevano lasciato la serie nella penultima stagione.
La sceneggiatura di A year in the life, però, oggi risulta anacronistica: il finale scritto nel 2005, ci mostra quanta strada è stata fatta in questi anni.
Gilmore Girls ha un problema col femminismo?
Per molte persone dai 20 ai 30 anni, Gilmore Girls è stata una serie tv di culto.
Le protagoniste assolute sono le ragazze Gilmore: Lorelai (Lauren Graham) e sua figlia Rory (Alexis Bledel), avuta a 16 anni. Lorelai appena scopre di essere incinta rifiuta il matrimonio riparatore con il fidanzato, scappa dai ricchissimi genitori e va a lavorare. Lorelai e Rory sono due donne intelligentissime, piene di vita, carismatiche e indipendenti, legate da un rapporto madre-figlia idilliaco.
Per alcune di noi che siamo letteralmente cresciute con Gilmore Girls e che abbiamo guardato alla serie come all’espressione televisiva dell’indipendenza femminile, e di molte idee che poi avremmo scoperto essere riassumibili sotto il nome di femminismo, le quattro nuove puntate sono, però, problematiche.
Il fandom, la comunità di appassionate e appassionati, in questi dieci anni è maturato, portando avanti le riflessioni della serie originale, che nel revival dimostra di aver perso alla grande il treno dei diritti civili e dell’uguaglianza.
Stars Hollow è bianca
Anzitutto, la popolazione di Stars Hollow, l’incantevole cittadina in cui Gilmore Girls è ambientato, è incredibilmente bianca, magra e bella. La prima cosa che mi ha colpita è stata l’assenza quasi totale di persone afroamericane e i ruoli minori riservati a quelle non caucasiche in generale.
Se consideriamo che nel Connecticut, stato Usa in cui è ambientata la serie, c’è una percentuale dell’11,6% di afroamericani, del 15,4% di ispanici e il 4,6% di asiatici il campione del cast di Gilmore Girls risulta sballato.
I personaggi non caucasici più importanti della serie sono solo Lane (Keiko Agena), la migliore amica di Rory, e sua madre, che sono di origini coreane, e Michel (Yanic Truesdale), collega di Lorelai, apparentemente l’unico abitante di colore di Stars Hollow.
Un altro è Gipsy, la meccanica ispanica dal nome non proprio politicamente corretto (gipsy in inglese significa “nomade”, ma è anche il termine offensivo per indicare i rom). La stessa attrice, Rose Abdoo, interpreta anche Berta, governante peruviana che non parla inglese. Nessuno capisce cosa dica: una battuta ricorrente nelle puntate che rimarca la diversità della donna. La governante di Paris Geller (Liza Weil) è anche lei ispanica: la servitù è sempre ispanica.
Per non parlare dei ruoli brevissimi e stereotipati interpretati dalle pochissime persone afroamericane comparse nelle quattro puntate (a parte il già citato Michel): una segretaria, il conducente di un’auto a noleggio, una stagista, che viene pure insultata e licenziata.
Tutti gli altri personaggi sono bianchi: dai più importanti fino ai giornalisti con cui Rory ha un colloquio di lavoro, gli ex compagni della scuola Chilton e dell’università con cui Rory interagisce. Tra cui Logan, il paradigma del ricco uomo bianco etero americano. Magari ha pure votato Trump.
Stars Hollow è etero e cisgender
Ci sono omosessuali a Stars Hollow?
Si è sempre suggerito fra le righe che Michel – elegante, effemminato e dal forte accento francese – potesse essere omosessuale e in questo epilogo è arrivata la conferma ufficiale. Gli stereotipi c’erano tutti e non c’è nulla di male ad incarnare dei luoghi comuni, ma questa rappresentazione macchiettistica dell’omosessualità, nel 2016 stride.
Fra i fan si vociferava anche che Gipsy fosse lesbica (prestando il fianco all’ennesimo stereotipo che vuole che la donna che s’interessa di motori sia omosessuale) e nelle nuove puntate in città c’è un nuovo personaggio gay e single. La lista finisce qui.
In un episodio il sindaco Taylor Doose (Michael Winters) parla di farsi “prestare” degli omosessuali dalla città vicina, come fossero oggetti, per organizzare il Gay Pride, visto che a Stars Hollow non ce ne sarebbero abbastanza.
Taylor è il personaggio più conservatore di Gilmore Girls, ma la sua battuta suona come una forzatura inserita all’ultimo minuto per restituire l’idea di contemporaneità in una città cristallizzata nel passato. E anche di una società conservatrice che si adegua controvoglia al cambiamento con un gesto di facciata che non condivide del tutto.
All’improvviso ho notato tutti i lati bigotti di Gilmore Girls. Ragionando a ritroso, ad esempio, non ricordo nessun discorso sull’omosessualità, tantomeno femminile, in tutte le stagioni passate. E sono diverse le battute sulle persone transessuali fatte nelle prime sette stagioni.
Ma anche nel revival. Uno dei ragazzi della Brigata della Vita e della Morte a proposito di una ballerina incontrata nel club del tango chiede: “Sai che è un uomo, vero?”. Risposta: “Sì, solo fino al prossimo martedì”. Che, detto da dei ricchissimi rampolli bianchi che hanno appena comprato il club, perché ubriachi e annoiati, è terrificante: la dignità della persona transgender viene azzerata per offrire al giovane ricco annoiato un feticcio con cui giocare.
Stars Hollow è magra
Durante il terzo episodio Lorelai e Rory portano avanti un siparietto agghiacciante di fat shaming a bordo piscina. Due minuti di battute sul peso di alcuni concittadini e sulla loro pancia sporgente, che sono sembrati interminabili e pesantemente offensivi, specie perché pronunciati da due avvenenti donne sdraiate a bordo piscina sotto ombrelli parasole.
Completamente fuori personaggio, madre e figlia se la prendono anche con una bagnante in bikini, a cui dicono: “Vai nuda, allora”.
Forse nelle intenzioni degli autori avremmo dovuto ridere, ma è stata un’altra dimostrazione di quanto la sceneggiatura ogni tanto risultasse completamente disconnessa dalla contemporaneità e dalle sue lotte per una fisicità non normata.
Maternità surrogata come scambio merce
La rappresentazione della maternità surrogata nelle ultime quattro puntate, sembra puntare il dito contro questa pratica.
Il modo che ha Paris Geller (Liza Weil) di spiegare il procedimento e proporre le madri surrogate a Lorelai e Luke che vorrebbero un figlio, seppur coerente col personaggio, è quello della vendita pura e semplice.
Fra le righe sembra di leggere un’accusa alla gravidanza per altri, che mortifica le scelte personali.
Lena Dunham e il femminismo bianco
Con il personaggio di Naomi Shropshire, interpretata da Alex Kingston, si cerca di ammiccare al femminismo in maniera più esplicita. Rory la definisce un’icona femminista: una ricca, colta donna bianca.
Il white feminism, femminismo bianco, torna anche con i numerosi riferimenti a Lena Dunham, che viene citata più volte. Non è chiaro se la controversa scrittrice, attrice e sceneggiatrice di culto sia un punto di riferimento per Rory e Paris, che negli anni hanno rivendicato in diversi modi il proprio femminismo.
Lena Dunham, negli anni, ha fatto discutere fra le altre cose per una scena di sesso forse non consensuale nella sua serie tv Girls e per la mancanza di diversità etnica nel cast, per avere raccontato di avere molestato sessualmente la sorella minore e aver perpetuato lo stereotipo dell’uomo afroamericano predatore sessuale dopo essere stata ignorata dal giocatore dei New York Giants Odell Beckam Jr.
Negli ambienti intersezionali del femminismo americano e soprattutto del black feminism, Lena Dunham è considerata una delle massime esponenti di quel tipo di femminismo portato avanti esclusivamente da donne bianche, ricche, colte, eterosessuali e cisgender esclusivamente per se stesse.
Le ultime quattro parole
L’ultima puntata si chiude con Rory che annuncia alla madre di essere incinta. Mi chiedo: era proprio necessario?
La creatrice Amy Sherman-Palladino ha parlato di un ciclo che si chiude. Ma in una serie che ha perseguito la rottura degli schemi, perché ripiegarsi sul conosciuto? Il tema della maternità avrebbe meritato una riflessione più ampia.
Cosa mi è piaciuto di Gilmore Girls: a year in the life
Le ragazze Gilmore tutto sommato sono delle privilegiate e nonostante le oggettive difficoltà cui sono andate incontro negli anni, rimangono pur sempre delle avvenenti e intelligenti donne bianche eterosessuali senza problemi economici.
Il copione è rimasto fermo mentre la società è andata avanti, e noi con lei.
Premesso questo, però, posso dire che il revival nel complesso mi è piaciuto. Le cose che mi hanno fatto amare Gilmore Girls ci sono tutte: l’atmosfera incantata di Stars Hollow, la certezza di Rory di potere contare sulla madre sempre e comunque, l’intelligenza disarmante di Paris e il senso di grande famiglia allargata.
C’è stata, a ben guardare, anche qualche sorpresa che ha rispettato le mie aspettative da femminista.
Ad esempio, il crollo nervoso di Paris nel bagno della Chilton, in cui espone con estrema onestà e puntualità tutte le sue paure, i suoi meccanismi di difesa e le sue debolezze. Un discorso che sembra uno spaccato pulsante della vita di tante trentenni.
Poi Emily Gilmore, la madre di Lorelai. Nella prima puntata si scopre che il marito Richard è morto (Edward Hermmann, che lo interpretava, è scomparso nel 2014), sconvolgendo la vita della moglie. Nel corso della stagione, però, proprio grazie alla morte del compagno di una vita, Emily sembra quasi iniziare a capire di potersi bastare da sola. Anche grazie alla psicoterapia, che viene demistificata e mostrata per quello che è: pensare a voce alta e riappropriarsi delle proprie emozioni.
Mi è piaciuto anche il fatto che Lorelai, donna ormai matura, rivendica il diritto di dedicarsi a se stessa e parte per fare qualcosa che non ha mai fatto, nonostante sembri folle. Pensa di poterlo fare e inizia l’avventura, non chiede permessi o concessioni: prende il tempo che le spetta. Prendiamo esempio!
Per finire, Rory. In A year in the life scopriamo che a 32 anni non sa che farà della sua vita mentre era fermamente convinta che a quest’età tutto sarebbe stato chiaro e definito. Se un personaggio eccezionale come Rory Gilmore non ce l’ha fatta, noi che non abbiamo avuto la sua rete di salvataggio, comunque ce la stiamo cavando.
Sembrava tutto molto più bello a 16 anni, ma pazienza. Senza Gilmore Girls non avrei imparato a fantasticare e a fidarmi delle mie amiche come Rory e Lorelai si fidano l’una dell’altra.
Siamo cresciute insieme ma ora è tempo che ognuna vada per la sua strada. Grazie di tutto.