Chi è
Elizabeth Cochran. Questo era il suo vero nome, cambiato in Nellie Bly per far sì che il suo essere donna non apparisse troppo evidente. Nata nel 1864 in Pennsylvania (Stati Uniti), morta nel 1922 a New York.
Cosa ha fatto
Elizabeth diventa nel corso della sua vita una delle prime giornaliste donne, e soprattutto, è lei ad inventare le inchieste sotto copertura. Inizia la sua carriera a 21 anni, nel giornale “Pittsburgh Dispatch”. Ottiene il lavoro grazie a una protesta: quando un giorno legge sul giornale un articolo in cui le donne vengono descritte come “buone solo per accudire i figli e lavorare in casa”, non resiste e scrive tutta la sua indignazione per quel ritratto misognino del sesso femminile in una lettera indirizzata al giornale.
Il direttore ne rimane colpito, perché il livello della scrittura è molto alto. Viene convocata in redazione e le viene offerto un posto, a patto che accetti di cambiare il suo nome, troppo femminile. Elizabeth diventa quindi Nellie Bly e inizia la sua carriera.
Le sue potenzialità e la sua bravura, però non vengono riconosciute dal suo direttore, che la relega a scrivere di costume o cultura, posizioni che le stanno strette. Nellie vuole di più e nel 1887 lascia Pittsburgh inseguendo un sogno che la porta a New York.
Qui si afferma presto per le sue capacità e comincia a lavorare nel giornale “New York World”. Eppure rimane una donna, in un mondo dominato da uomini che hanno poca fiducia nelle capacità dell’altro sesso. Non può, e probabilmente non vuole, cambiare il suo essere donna, ma ciò che può fare è cambiare l’opinione che i suoi colleghi hanno di lei.
Quando le viene assegnato un pezzo sulle condizioni di vita dei pazienti internati nell’istituto psichiatrico di Blackwell Island, Nellie ha un’idea: l’unico modo per poter descrivere davvero ciò che avviene dietro quelle mura, è oltrepassarle.
Possiamo immaginarla anche oggi mentre entra nell’ufficio del suo direttore con in mente quest’idea folle e innovativa: farsi internare, fingersi pazza e provare sulla propria pelle l’esperienza diretta della vita nell’istituto. Chissà se per fiducia e incoraggiamento o per togliersela solo dai piedi, il direttore del giornale accetta la sfida.
Così, fingendo di avere disturbi mentali riesce a farsi ammettere nel manicomio, dove diventa una testimone diretta delle condizioni dure e traumatiche in cui vivono le pazienti. Costrette a stare ferme e sedute in una stanza per ore, colpite con secchiate d’acqua gelida al posto delle normali docce, isolate e maltrattate.
Nellie Bly presto capisce che rimanere all’interno dell’istituto avrebbe significato diventare pazza davvero, perciò ricomincia fin da subito a comportarsi normalmente, ma i dottori non danno il permesso per rilasciarla. Devono intervenire gli avvocati del giornale che, dopo dieci giorni di permanenza a Blackwell Island, riescono a portar fuori Nellie, convincendo i medici dei reali motivi per cui si trovava all’interno della struttura.
L’articolo in cui la giornalista racconta la sua esperienza è un successo. Esponendo in prima pagina i problemi della struttura, gli abusi subiti dalle persone, le loro condizioni di vita, Nellie Bly ha mostrato al mondo in maniera inequivocabile la realtà dei manicomi. E ciò che rende l’articolo ancor più potente, è la sua inattacabilità: Nellie è stata davvero all’interno del manicomio, ha vissuto con i pazienti, ha subito gli stessi trattamenti. Non ha scritto questo pezzo dal suo ufficio, ottenendo le informazioni da altri ed elaborando teorie. È stata sul campo.
Il successo dell’articolo si riflette nelle misure che la città si trova costretta ad adottare per cambiare la situazione all’interno del manicomio, e non solo. Per Nellie Bly, questa è una vittoria personale degna di qualsiasi importante premio.
Perché è “pasionaria”
Nellie Bly era una donna, nata a Pittsburgh, povera e orfana di padre. Eppure ce la fece. A New York e nel mondo del giornalismo il suo nome divenne noto, la sua figura professionale non fu più messa in discussione. Ci credette fin dal primo giorno e ottenne, con fatica e determinazione, nonostante le continue umiliazioni, che quel riconoscimento le spettava di diritto.
Il suo successo è anche una vittoria per il giornalismo in generale. Nellie non solo ha dimostrato che una donna può essere brava, tenace e capace nel suo lavoro quanto è più dei colleghi uomini, ha anche inventato il giornalismo di inchiesta sotto copertura, rendendo al pubblico un servizio impagabile.
Tra le prime, nella storia del giornalismo moderno, ha compreso l’importanza di verificare con i propri occhi ciò di cui si vuole scrivere, diventando investigatrice e narratrice di una realtà difficile ma presente.
E le sue imprese non finirono qui. Nel 1889, fece una scommessa con se stessa e con chi non credeva in lei: girare il mondo, da sola, in meno dei famosi 80 giorni raccontati da Jules Verne. Ci riuscì, con un altro successo che si concluse in 72 giorni, 6 ore, 11 minuti e 14 secondi. La sua fama, dopo quest’altra impresa, crebbe ancora.
Nellie non solo ha sfidato le difficoltà di un’impresa simile, dopo aver già ottenuto riconoscimenti, ma ha anche rotto un altro tabù, sfidando un altro stereotipo. Le donne non possono fare le giornaliste, le donne non possono viaggiare da sole: Nellie Bly ha dimostrato al mondo che si sbagliava e l’ha fatto per se stessa e per noi, che più di cento anni dopo dobbiamo ancora combattere, spesso, questi stereotipi.