Deve essermi sfuggito qualcosa in tutti questi anni. Qualcosa in quanto donna, cittadina, persona che vive in quello che chiamano Bel Paese, nel cosiddetto “occidente”, quella parte di mondo che si vanta di essere civile.
Deve essermi sfuggito qualcosa che a quanto pare qualcuno di importante dà invece per scontato. Scontato, sì, così il ministro degli Interni Minniti definisce il rispetto per le donne qui da noi, in Italia, annunciando programmi per l’integrazione delle persone immigrate: «Il rispetto tra uomo e donna è scontato per noi, dobbiamo lavorare perché diventi scontato anche per gli altri, anche per chi ospitiamo».
Sul serio, signor ministro, deve essermi davvero sfuggito qualcosa in tutti questi anni.
Mi sembrava fossero anche miei connazionali quelli dei fischi per strada, come fossi un cane. Quelli del “guarda che ho qui” con le mani portate ai genitali per indicare un regalo che non voglio ricevere ma che qualcuno si sente in diritto di offrirmi trattandomi come un oggetto sessuale.
Ero certa che non fossero tutti stranieri quelli che hanno provato a molestarmi in metro, in autobus, per strada, sul lavoro. Strano che quell’arroganza di sentirsi in diritto di trattare la donna a proprio piacimento l’abbia notata sia nei virgulti nostrani sia in quelli di importazione. Financo nella civilissima Londra, dove due all white men made in England hanno tentato approcci poco convenzionali in pieno centro e in pieno giorno.
Deve essermi proprio sfuggito qualcosa in tutti questi anni.
Perché a quanto pare per qualcuno questa mentalità becera, questo modo di fare, è legato più a un certo tipo di persone che ad altre: quelle di una certa nazionalità.
Perché qui le donne vengono rispettate in quanto donne, mica come da voi, di quei Paesi lì, giusto?
Devo aver interpretato male i dati sulla violenza domestica in Italia, i “troia, puttana, cagna” e altri mille sinonimi con cui vengono appellate le donne sui social da utenti dai nomi italianissimi, il “se l’è cercata” o “è stata una bambinata” riferito agli stupri perpetrati da ragazzi italiani (non sta forse accadendo anche per l’accusa di violenza sessuale ai due carabinieri di Firenze?).
Devo essermi confusa sulle origini di chi ha distrutto la vita di Tiziana Cantone con il cyberbullismo, di chi frequenta i gruppi segreti dove gli uomini si scambiano le foto private di amiche e conoscenti per poi riempirle di commenti beceri e violenti, di chi si diletta a offendere il corpo degli altri con il body-shaming, di chi commette violenze psicologiche verso le donne che decidono di abortire o etichetta le donne che vivono liberamente la propria sessualità. Di chi lancia sfuriate alle avversarie politiche criticandole e attaccandole con insulti o allusioni sessiste.
Mi parevano italiane anche tante donne che appoggiano e giustificano questi atteggiamenti e giudicano le altre donne considerate “non conformi” a un certo tipo di modello.
E pensandoci bene, tutto questo succede ovunque e noi italiani, brava gente, non siamo migliori. Se lo fossimo, queste situazioni, questi comportamenti, questi commenti, sarebbero casi isolati, bastonati dall’opinione pubblica e dalle istituzioni sempre e comunque. Ma così non è e gli esempi si sprecano.
Per questo sono convinta che mi sia sfuggito qualcosa. Qualcosa che fa dare per scontato al ministro Minniti un rispetto che qui in Italia, ancora oggi, nel 2017, dati alla mano, non c’è. Qualcosa che gli fa apparire scontato ciò per cui noi femministe abbiamo lottato e lottiamo ogni giorno, mettendoci la faccia, la testa, la rabbia e i nostri corpi.
Mi spieghi, signor ministro, cosa mi sfugge?