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Le 3 serie tv più femministe di sempre

Le serie tv sono ormai uno dei passatempi più diffusi e il web ci dà la possibilità di apprezzare, con i sottotitoli, anche quelle che non sono arrivate in Italia. Qui vi parlo di alcune chicche, ricche di spunti interessanti per un pubblico femminista.

Sono poche le serie che narrano le battaglie rivoluzionarie delle donne e negli ultimi anni degne di nota sono La guerra di Miss Frimans, Bomb Girls e Good Girls Revolt. Nomi probabilmente sconosciuti al grande pubblico, ma che meritano la visione.

Ve le consiglio, perché oggi più che mai è necessario ricordarci le lotte storiche per i nostri diritti. Film come “Suffragette” hanno infiammato i cuori, ma nonostante siamo nel 2017, continuano a mancare pellicole che diano risalto al genere femminile come protagonista di molte battaglie. Un vero peccato. Abbiamo bisogno di eroine che ci ispirino, perché se oggi abbiamo la fortuna di vivere un mondo migliore lo dobbiamo alle mamme, zie e nonne, che hanno lottato per emanciparsi.

Queste tre serie mostrano lati più umani, narrano episodi quotidiani che possono toccarci da vicino. Lo fanno in modo semplice, comico e drammatico, raccontando episodi realmente accaduti.

La lotta per il diritto al voto, il lavoro nelle fabbriche e i diritti sul lavoro sono i temi centrali. Tre casi diversi ambientati negli Stati Uniti e in Svezia, tre epoche storiche differenti, in cui la battaglia per l’emancipazione femminile ha dato risalto al coraggio e alla forza delle donne.

Queste storie ci ricordano che il cambiamento è possibile: la storia insegna e si ripete, a noi non resta che scrivere il presente per cambiare il futuro.

La guerra di Miss Frimans (Fröken Frimans Krig)

Uscita nel 2013, ha avuto subito un discreto successo ed è già alla sua terza stagione: La guerra di Miss Frimans ha come protagoniste alcune donne di Stoccolma che fondano un negozio di alimentari con prodotti di qualità ad un prezzo accessibile anche alla classe operaia.

La serie è ispirata alle reali vicende della pedagogista, giornalista e femminista Anna Whitlock, fondatrice della associazione “Svenska Hem” (Case Svedesi) e di “Swedish Society for Woman Suffrage” (Società svedese per il suffragio delle donne), una delle prime associazioni femministe in Svezia.

Siamo nei primi anni del ‘900, anni in cui anche in Svezia le donne non hanno nessun diritto e sono soggette al volere dei mariti. Stanche di essere madri e casalinghe, di non avere diritto al voto e voce in capitolo nelle decisioni familiari e politiche, stanche di una legge che le priva di tenere i figli in caso di separazione, in tante scendono in campo per rivendicare i propri diritti.

Tra queste c’è Dagmar Friman (interpretata da Sissela Kyle), che, in un periodo storico in cui chi non aveva possibilità economiche doveva accontentarsi di cibo scadente e insalubre, progetta un negozio di alimentari a basso costo ma di qualità, rivolto alle donne e gestito esclusivamente al femminile.

Se la prima stagione si concentra su questa attività, la seconda affronta il tema del diritto al voto, per poi sfociare nella terza, dove si parla del boicottaggio delle leggi che tutelano i clienti delle prostitute e dei diritti dei padri single. Temi rivoluzionari e all’avanguardia, non solo per l’epoca: non è un caso che la Svezia sia uno dei paesi più avanzati e aperti nelle politiche di genere.

Un piccolo gioiello che speriamo presto possa approdare anche in Italia.

Bomb Girls

Siamo nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale. Gli uomini sono al fronte e le donne vengono impegnate nelle fabbriche per costruire bombe e missili per lo sforzo bellico. Tra loro ci sono anche le protagoniste della serie Bomb Girls: Gladys Witham, Betty McRae, Kate Andrews e Lorna Corbett.

Lo svolgersi di un lavoro tipicamente maschile, porterà le nostre eroine a una crescita personale e a sfatare alcuni tabù: la condizione della donna negli anni ’40 viene narrata toccando temi come l’omosessualità, la rivoluzione sessuale e la conquista di molti diritti, che matura nella consapevolezza della propria libertà, tra sofferenze e pericoli.

La differenza di ceto sociale delle ragazze le porta ad affrontare difficoltà diverse. Ognuna di loro dovrà confrontarsi con il periodo storico e le figure maschili, causa di ostacoli e problemi, e, talvolta, motore scatenante verso il cammino di indipendenza.

Nella serie, non manca la citazione alla famosa immagine di “Rosie the Riveter”, meglio nota con il suo slogan “We Can Do It” (“possiamo farlo”). Il poster, simbolo delle operaie durante il periodo bellico, è diventato negli anni un’icona femminista, anche se, creato da Howard Miller per l’azienda Westinghouse Electric, fu ideato in realtà per spronare le dipendenti a lavorare più duramente e con maggior motivazione. Solo nel 2015 si scoprì che l’operaia ritratta era l’allora ventenne Naomi Parker, a cui venne dato il nome di “Rosie la rivettatrice” da una canzone omonima che raccontava di una instancabile lavoratrice impegnata in catena di montaggio.

La serie, uscita nel 2011, presenta solo due stagioni, a causa degli alti costi di produzione e dei ricavi sotto le aspettative. Per concludere la storia rimasta in sospeso, nel 2013 la Shaw Media ha prodotto un film-epilogo, con lo stesso cast originale, dal titolo “Bomb Girls – Facing the Enemy“.

Good girls Revolt

Prodotta da Amazon Video e uscita nel 2015, questa nuova serie vede protagoniste alcune segretarie di redazione intente ad affermarsi sul lavoro come giornaliste: Good girls revolt.

Siamo negli anni ’70, in piena rivoluzione sessuale americana con l’avvento della beat generation e degli hippie che attraverso il rock psichedelico e gli allucinogeni saranno conosciuti come la generazione ribelle dei “figli dei fiori”. Si afferma un nuovo concetto di libertà ed espressione.

La serie è tratta da una storia vera. Le protagoniste lavorano per la rivista News of the Week (nome originale Newsweek) e hanno un ruolo fondamentale all’interno della rivista: sono loro che svolgono le ricerche necessarie per la stesura di un articolo, prendono i contatti con le fonti da intervistare, si occupano di programmare gli appuntamenti dei loro colleghi e spesso scrivono gli articoli a macchina che poi girano ai reporter. La loro posizione comporta molte responsabilità, ma nonostante siano più capaci e svolgano più ore lavorative dei ragazzi, la loro paga risulta nettamente inferiore.

Saranno questi eventi che porteranno le giovani, desiderose di fare carriera e avere un trattamento alla pari, a denunciare la rivista e grazie all’aiuto dell’attivista e avvocata sudafricana Eleanor Holmes Norton (oggi parlamentare Usa), riusciranno a prendere coscienza della loro situazione per cambiare il proprio futuro.

La serie prevede solo una stagione: nonostante il successo e la critica positiva, Amazon ha cancellato la seconda. Attualmente si è alla ricerca di un nuovo network in grado di ospitare un sequel. A noi non rimane che attendere e sperare di rivederle alle prese con le loro battaglie, che sono anche nostre.