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Kesha, costretta a lavorare con l’uomo che ha denunciato per stupro

La cantante aveva accusato per violenza sessuale il suo produttore Dr. Luke nel 2014, ma un tribunale ha deciso che dovrà comunque continuare a registrare con lui e la Sony altri 6 album, come stabilito dal contratto

I stand with Kesha
Una delle immagine che hanno iniziato a circolare su Twitter in sostegno a Kesha

Ha accusato il suo produttore di stupro, ma per legge è vincolata a continuare a lavorare con lui per anni. È quello che sta accadendo alla cantante americana Kesha (diventata famosa con la canzone Tik Tok): il 19 febbraio il tribunale di Manhattan ha stabilito che la 29enne non può rescindere il contratto che la lega alla Sony e a Dr. Luke, l’uomo che lei accusa dal 2014 di violenza sessuale. Per la giudice Kesha dovrà registrare con il produttore altri 6 album perché lo stralcio danneggerebbe economicamente la casa discografica.

La ragazza ha denunciato Dr. Luke (punta di diamante della Sony, che ha lanciato le canzoni più famose di Katy Perry, Miley Cyrus, Britney Spears e Nicki Minaj) per averle somministrato la droga dello stupro e averla violentata a ridosso del suo diciottesimo compleanno: ora dovrà decidere se dire addio alla sua carriera o continuare a lavorare con l’uomo che avrebbe abusato di lei.  

Uno degli avvocati della Sony ha dichiarato:

“Il nostro interesse è per il suo successo, il nostro interesse è per il successo di Dr.Luke. Non sono per niente due cose mutualmente esclusive”

In altre parole, per la casa discografica ciò che sarebbe giusto per la cantante non è allontanarsi da un contesto in cui non si sente sicura a costo di mettere a repentaglio una carriera decennale, ma continuare a registrare per la major. Insomma, Kesha – pur essendo una professionista del settore e non certo una ragazzina alle prime armi – non saprebbe cosa è giusto per lei e sarebbe meglio che i tribunali e la Sony decidessero della sua vita.

Al diffondersi del verdetto – che Kesha ha accolto in aula tra le lacrime – molte personalità dello spettacolo, fra cui un’agguerrita Demi Lovato e Kelly Clarkson (di cui Luke è stato produttore), hanno espresso la propria solidarietà alla collega e si sono unite alle migliaia di persone, fan e non, che stanno twittando l’hashtag #FreeKesha: da Lady Gaga a Lorde, Lily Allen, Iggy Azalea, Fiona Apple. Taylor Swift ha persino donato 250mila dollari per sostenere le sue spese processuali.

All’hashtag, che circola in rete da mesi, dopo la lettura della sentenza si sono aggiunte iniziative: tweet indirizzati alla casa discografica con l’hashtag #DearSony e #SonySupportsRape, lettere inviate dai fan che raccontano l’influenza positiva di Kesha sulla loro vita, più di una petizione e un appuntamento di protesta fissato per il 26 febbraio a Manhattan.


Negli ultimi due anni, quindi dal momento della denuncia, l’attività artistica della 29enne è ferma: il contratto esclusivo con la Sony e con Dr. Luke proibisce qualsiasi esibizione e collaborazione esterna.

La battaglia legale sembrava aver preso una direzione favorevole a Kesha solo pochi giorni fa, quando Dr. Luke ha perso per mancanza di prove la causa intentata a Kesha e sua madre per diffamazione, secondo cui le due donne avrebbero inventato lo stupro pur di ottenere la scissione del contratto. Poi la doccia fredda dello scorso venerdì, che nonostante la dichiarata disponibilità della Sony ad affidare Kesha a un altro produttore, ignora clamorosamente l’accusa di stupro, dopo un biennio in cui l’etichetta non ha mai rilasciato una sola dichiarazione in merito, nonostante la gravità delle accuse.

Un silenzio anomalo ha circondato la battaglia legale mentre la carriera di Luke andava avanti indisturbata, nonostante la denuncia da parte di Kesha fosse arrivata poco dopo il chiacchierato ricovero per disturbi alimentari della ragazza. Alla base dei problemi con la bulimia ci sarebbe stata proprio la relazione professionale abusiva con il produttore, che avrebbe vessato per un decennio la ragazza, distruggendone l’autostima e pressandola perché perdesse peso e smettesse di avere “l’aspetto di un cazzo di frigorifero”: di questo i media hanno parlato, glissando sulla denuncia per violenza sessuale, un’accusa che allo stato attuale delle cose ha stroncato la carriera di Kesha Rose Sebert.

Prima del processo, alcune voci isolate avevano denunciato lo slut shaming e l’omofobia (Kesha è bisessuale e un’attivista Lgbt) nei confronti di Kesha e il doppio standard di cui è stata vittima: impossibilitata a continuare a lavorare per avere denunciato una violenza, mentre Chris Brown, reo confesso di pestaggio nei confronti di Rihanna quando erano fidanzati, continua indisturbato la propria carriera. Adesso c’è chi fa notare come i vincoli contrattuali siano stati rescissi senza problemi da altri, come ad esempio Zayn Malik, fuoriuscito dagli One DirectionAltri ancora si sono accorti di come alcune celebrità dichiaratamente femministe, ad esempio l’idolatrata Beyoncé, non abbiano sinora preso posizione. 

Il processo non è ancora concluso e a meno che le due parti non trovino un accordo sarà il tribunale a decidere l’esito della vicenda. Ma, al di là degli esiti giudiziari, ci preoccupa il fatto che per due anni nulla si sia mosso ai piani alti della Sony per intervenire in questa vicenda tutelando una sua artista che ha denunciato abusi. Ci preoccupa l‘enorme difficoltà per le vittime di stupro di essere credute. Ci preoccupa che un caso come quello di Kesha possa dimostrare, ancora una volta, che di fronte a un abuso sia più conveniente tacere che denunciare.  

A Kesha va, in ogni caso, tutta la nostra solidarietà.