
Durante il mese di maggio nel nostro Pasionaria Book Club abbiamo affrontato la lettura di un libro notissimo, Jane Eyre di Charlotte Brontë.
Il romanzo, edito per la prima volta nel 1847, oltre a essere un classico della letteratura inglese e mondiale e a godere di molte trasposizioni cinematografiche e televisive, è considerato uno dei primi romanzi nei quali la protagonista è davvero la prima artefice del suo destino.
In questa recensione collettiva raccogliamo le opinioni di chi ha partecipato alla lettura e condiviso le sue impressioni nel nostro club del libro.
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Cosa ci è piaciuto del libro
La fluidità dello stile, i tratti della protagonista, la passionalità che pervade il libro secondo me sono gli elementi che lo caratterizzano e lo rendono un classico. La protagonista, una piccola orfana, ha fatto della sua solitudine il suo punto di forza rendendola una donna indipendente e decisa. Questo aspetto insieme alla chiara consapevolezza che l’educazione sia fondamentale per la propria emancipazione mi ricordano “L’arte della gioia” di Goliarda sapienza. [ Tania ]
Jane desidera trovare se stessa ed essere autentica, non una replica. Jane e la sua vita interiore che brilla come un raggio di luce e interrompe l’oscurità, le consuetudini e le aspettative. Sorprende e ribalta. Si libra libera, afferma la sua esistenza. [ Simona ]
Incontrare Jane è stato un po’ come incontrare me stessa… lei ricerca un suo spazio, una sua essenza profonda, attraverso il suo vagare e fuggire dalle regole imposte a cui non vuole sottostare e non si piegherà mai, nemmeno per un istante. A dispetto di chi la ignora e la considera inferiore, di chi la considera invisibile e fragile, riesce a ottenere tutto ciò a cui ambisce con la forza indistruttibile della sua volontà. [ Silvia ]
“Jane Eyre” è un libro femminista?
Charlotte Brontë propone un tipo di donna quasi rivoluzionario per l’epoca. Una donna che non si occupa solo di casa e cucito sperando che qualcuno la chieda in moglie, ma una donna che vuole essere indipendente lavorare per raggiungere tale indipendenza. Il matrimonio sì, ma per scelta, per affinità, non per necessità o convenzione. Charlotte stessa ha rifiutato alcune proposte prima di sposarsi. [ Benny ]
“A me importa di me stessa e di quello che faccio” è un’affermazione fortissima. In apparenza questa asserzione nasce da una legge morale interiore animata dalla religione, in realtà quello che resta è la determinazione di una donna a rimanere fedele ai suoi principi, a ciò che costituisce la sua identità. In modo inaspettato il rigore morale della religione si piega al desiderio di Jane di mantenersi intatta e non cedere alle lusinghe di una persona che non ha avuto mai davvero il coraggio di ribellarsi all’incasellamento sociale del suo rango… Alla fine l’aspetto religioso non diventa mai un’arma contro Jane bensì una freccia al suo arco. In qualche modo il Dio di Jane sono il suo cuore e la sua mente. L’ultimo aspetto non secondario è che Charlotte non permette a Jane di riunirsi al suo amato prima di essere divenuta economicamente indipendente… In sostanza la dinamica servo-padrone è del tutto spezzata. [ Lisa ]
Jane Eyre è un romanzo che sfida le convenzioni. Per l’epoca vittoriana una protagonista indubbiamente forte e intelligente come lei era una figura più unica che rara, ma definirlo “femminista” mi pare azzardato. Crescendo la figura di Bertha Mason, la prima moglie di Mr. Rochester, iniziò ad affascinarmi sempre di più… mi risultava difficile credere che una donna intelligente e una scrittrice capace come Charlotte Brontë avesse potuto costruire un personaggio interessante come quello di Bertha, senza però darle una voce. Si tratta di una donna con un passato, strappata alle sue origini e rinchiusa in una soffitta, trattata come un mostro in virtù di “disturbi mentali” che le sono stati in gran parte causati proprio dal trattamento riservatole da Rochester. Leggere “Il grande mare dei Sargassi” mi ha dato un nuovo punto di vista, per questo mi sento di consigliarlo a tutte. Non dimentichiamoci mai, mai della “donna pazza nell’attico”. [ Mariafrancesca ]
Sicuramente lo si può definire un romanzo straordinariamente femminista, soprattutto per l’epoca in cui è stato scritto. Ma sembra che nel finale non riesca a stravolgere completamente gli stereotipi di genere. Jane, lo spirito forte e indomito, ora che potrebbe spiegare le ali nella libertà, godendo anche dei vantaggi economici, torna sui suoi passi… come se ad un certo punto la sindrome della crocerossina entrasse a sorpresa nelle pagine: “Ero tanto più piccola di lui, che gli servivo al tempo stesso da appoggio e da guida”… Purtroppo alla fine del romanzo non si raggiunge la piena parità tra le due figure. Lo squilibrio rimane in vita, la parità non è comunque raggiunta. [ Jovanka ]

Le nostre citazioni preferite
Io ho cura di me stessa. Più sono sola, priva di amici, abbandonata, più avrò rispetto di me stessa
Preferisco essere felice che dignitosa
Non sono un uccello; e non c’è rete che possa intrappolarmi: sono una creatura umana libera, con una libera volontà
Do you think that because I’m plain poor obscure and little that I’m soulless and heartless? I have as much soul as you and full as much heart […] . I am not talking to you now through the medium of custom, conventionalities, nor even of mortal flesh;–it is my spirit that addresses your spirit; just as if both had passed through the grave, and we stood at God’s feet, equal,–as we are!
Le donne sentono come gli uomini e come loro hanno bisogno di esercitare le loro facoltà, hanno bisogno d’un campo per i loro sforzi. Soffrono esattamente come gli uomini d’essere costrette entro limiti angusti, di condurre un’esistenza troppo monotona e stagnante