Il 26 ottobre è l’Intersex Awareness Day, cioè la giornata della visibilità intersessuale. Quest’anno in molti cortei dei Pride era presente per la prima volta una staffetta portata avanti da attivist* di Intersexioni, realtà nata per trattare e sensibilizzare su diverse tematiche legate al sesso/genere, identità di genere, orientamento sessuale, con un focus particolare sui diritti umani delle persone intersessuali, la “i” della sigla Lgbti.
C’è ancora molta disinformazione e confusione su cosa sia l’intersessualità e perché sia importante parlarne. Abbiamo pensato, quindi, di rispondere ad alcuni dei dubbi più diffusi su questa condizione.
Che cos’è l’intersessualità?
Una persona intersessuale ha un sesso biologico che non può essere categorizzato al cento per cento come “maschio” oppure “femmina”. Non esiste un consenso unanime su quali sono le condizioni da classificare come intersessualità, ma alcune stime sostengono che le persone intersessuali costituiscono dall’1% sino addirittura al 10% della popolazione. La definizione può infatti indicare una grande varietà di casi, per esempio:
- genitali esterni atipici o che presentano caratteristiche sia femminili che maschili;
- anomalie cromosomiche;
- variazioni di tipo gonadico/ormonale;
- fenotipo atteso diverso dal genotipo.
Essere intersessuali e trans/non binari è la stessa cosa?
No. L’intersessualità si riferisce al sesso biologico, mentre essere transgender e/o non binari è una questione di identità di genere. Esistono persone intersessuali che si identificano nel genere maschile o in quello femminile, ma anche quelle di genere non binario.
Perché non si sente parlare di intersessualità?
Per tutta la vita ci è stato insegnato che le persone si suddividono in “maschi” e “femmine” e che queste due definizioni sono necessarie, distinte e inamovibili. Alla nascita — ma anche prima, in molti casi — si viene inscatolati in una delle due categorie in base all’aspetto dei propri genitali esterni e da quel momento comincia il “felice” viaggio nei ruoli di genere socialmente imposti.
Questo sistema esclude totalmente le persone intersessuali, rendendole invisibili, disinformate e prive di tutele e riconoscimenti legali. In alcuni stati negli ultimi anni ci sono stati dei progressi, come il riconoscimento del “terzo sesso” in Germania e il primo certificato di nascita che riconosce l’intersessualità negli Usa, ma la strada da percorrere per i diritti è ancora lunga.
Quali sono le istanze dell’attivismo intersessuale?
In molte parti del mondo esiste ancora la pratica di “correggere” con la chirurgia i genitali di bambin* intersessuali per renderli esteticamente più simili a quelli del sesso che i medici scelgono come più opportuno. Si tratta di vere e proprie mutilazioni genitali a puro scopo estetico che accadono anche in Italia, come segnalato nel 2016 dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Spesso ai genitori di bambin* intersessuali vengono proposti questi interventi come necessari per la salute e la qualità della vita futura de* figli*.
Come viene spiegato in questo articolo, il principale problema da combattere è proprio lo stigma imposto sul corpo e, più in generale, sull’esistenza delle persone intersessuali. La chirurgia correttiva è causata da una convinzione della maggior parte degli specialisti, guidati dalla convinzione che crescere con un genere/sesso binario assegnato sia necessario per poter vivere bene in società. Questi sforzi di “normalizzazione” non fanno altro che nutrire il circolo vizioso che perpetua l’invisibilità e il senso di tabù legato ai corpi non conformi alle aspettative binarie.
Abbiamo visto quanto è fondamentale che le rivendicazioni delle persone intersessuali vengano conosciute e riconosciute a livello sociale: questo può accadere liberandosi dell’idea del binarismo sessuale e di genere.
Quindi parliamone, sventoliamo le nostre bandiere e, soprattutto, informiamoci.
Nota: l’articolo è stato aggiornato e corretto grazie all’aiuto di Intersexioni.