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L’eteropatriarcato ci sta uccidendo

Cosa hanno in comune l'omicidio di Elisa Pomarelli, Willy Monteiro Duarte e Maria Paola Gaglione? Cos'è alla radice di una violenza che fa vittime ogni giorno? C'è, ovviamente, la responsabilità individuale dei gesti, che nessun fenomeno sociale può attenuare, ma c'è anche una responsabilità sociale collettiva

Immagine di una manifestazione di Non Una di Meno da globalproject.info

Recenti casi di cronaca, molto diversi tra loro, sono stati raccontati dai giornali senza mai prendere in considerazione la loro matrice comune: l’eteropatriarcato.

L’eteropatriarcato è quel sistema culturale e sociale secondo cui chi è uomo, bianco, cisgender, non disabile ed eterosessuale ha la possibilità di usare il proprio privilegio per affermare la propria supremazia attraverso la violenza, psicologica e fisica, su altre soggettività che non si adeguano alle norme imposte. Un sistema basato sulla sopraffazione e il dominio.

 

Il processo per il femminicidio di Elisa Pomarelli

Agli inizi di agosto si è aperto il processo per l’omicidio di Elisa Pomarelli, uccisa a Piacenza da Massimo Sebastiani, che si presentava come il suo migliore amico, perché aveva rifiuto di trasformare la loro amicizia in una relazione romantico-sessuale.

La morte di Elisa è uno dei troppi femminicidi del 2019: una donna uccisa in quanto donna, una donna uccisa perché ha osato ribellarsi alla stereotipata narrativa di genere. Ma per lo Stato italiano la sua morte non è un femminicidio: non sono state concesse le aggravanti con cui si procede di solito in questi casi (in Italia non esiste nel codice penale una definizione specifica di femminicidio) perché Elisa era lesbica. E quindi, questo il ragionamento sotteso ai cavilli di legge, era un po’ meno donna, un po’ meno degna di essere difesa.

 

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É passato un anno dall’omicidio di Elisa Pomarelli, uccisa a 28 anni perché lesbica e per aver rifiutato le avances del suo assassino. A pochi giorni dell’udienza preliminare del processo, in cui è stata negata l’aggravante del femminicidio, le realtà lesbiche italiane prendono parola con un importante comunicato che appoggiamo, condividiamo e invitiamo a condividere (LINK IN BIO! 👆) . . ✊ «L’assassino ha potuto chiedere ed ottenere l’ammissione al rito abbreviato con la riduzione di pena correlativa. Una opzione che, nei casi di omicidio aggravato tutelati dal “codice rosso” (c.d. femminicidi), gli sarebbe stata negata. Ciò anche perché l’aggravante di lesbofobia non gli è stata contestata in mancanza, ad oggi, di una legge specifica. L’assassinio di Elisa non puó dunque essere riconosciuto né come femminicidio, né come lesbicidio, crimine d’odio di matrice lesbofobica, quando è entrambe le cose». . . ✊ «La violenza lesbofobica affligge quotidianamente le lesbiche in tutti gli ambiti della vita e può sfociare, come nel caso di Elisa Pomarelli, nella tragedia peggiore, l’assassinio. Questa violenza non è più tollerabile e la denunciamo con forza, perché il silenzio e l’invisibilità non proteggono noi, ma i nostri oppressori… In questo contesto è più che mai urgente approvare una legge che riconosca un’aggravante per i casi di violenza contro le lesbiche e le donne, come quella che si sta discutendo in questi mesi in Parlamento». . . @associazionelesbica @lesbichebologna_ @lesbicxofficial @retedonnetransfemminista @alfi_napoli_le_maree @alfi_lesbichexx_bergamo @alfi_lune @campolesbicoagape . . #elisapomarelli #femminicidio #lesbicidio #omofobia #lesbofobia #femminismo #femminismointersezionale #pasionaria #pasionariait

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Le offese contro Elly Schlein

Pochi giorni fa Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia-Romagna e una delle voci più innovative della sinistra italiana, finisce in copertina sul settimanale L’Espresso. Vi è ritratta nel suo stile semplice e sportivo: niente trucco, una giacca di jeans.

La copertina diventa un caso perché questa presentazione così atipica rispetto allo stereotipo della donna di potere molto curata e in tailleur fa commentare a Marco Gervasoni, docente di storia contemporanea all’Università del Molise in un tweet: “Ma che è, n’omo?”, dando il via a una serie di commenti sessisti.

Nonostante il successivo tentativo molto maldestro di spiegare il gesto, il commento è chiaro: una donna che fa politica non viene criticata per le sue idee, ma per il suo aspetto, per non essere conforme alle aspettative di genere, per ignorare il desiderio maschile eterosessuale.

Non solo, c’è da chiedersi quanto l’esternazione dell’accademico sia legata anche al recente coming-out della ex europarlamentare, che aveva dichiarato in televisione di essere bisessuale.

Il massacro di Willy Monteiro Duarte

Uno dei fatti più recenti è il violento omicidio del 21enne Willy Monteiro Duarte, avvenuto a Colleferro, nei pressi di Roma. Quattro uomini massacrano a pugni e calci il loro coetaneo, forse perché intervenuto a difesa di un amico.

La magistratura accerterà la verità giudiziaria, ma alcuni elementi sono già evidenti. Il branco (composto da individui accomunati dall’ideologia fascista, dal culto e dall’esercizio della violenza, da una virilità che è volontà di dominio) massacra un giovane indifeso, solo contro quattro, la cui vita agli occhi degli assassini contava ancora meno perché di origine straniera, come ha dichiarato la famiglia di uno degli assassini.

 

Maria Paola Gaglione, uccisa perché usciva con un ragazzo trans

Infine, la terribile morte di Maria Paola Gaglione in provincia di Napoli, 20enne uccisa dal fratello perché usciva con un ragazzo trans, rimasto in fin di vita. L’omicida si è difeso, con il sostegno dei genitori e del parroco, dicendo che non voleva ucciderla, ma “solo darle una lezione” perché il suo ragazzo, essendo trans, l’aveva “infettata”.

I giornali riportano queste dichiarazioni, che hanno sia l’effetto di normalizzare l’idea che sia giustificabile punire una donna per le sue frequentazioni amorose e sessuali. Inoltre molti degli articoli a commento del fatto sono transfobici, poiché si riferiscono a Ciro Migliore, uomo transgender e fidanzato di Maria Paola Gaglione, usando il femminile e parlando di  una “relazione lesbica”.

Oggi sui giornali troviamo, narrata molto male, l’ennesima notizia di femminicidio, questa volta causata da transfobia:…

Pubblicato da Pasionaria.it su Domenica 13 settembre 2020

 

L’eteropatriarcato, radice comune

Cos’hanno in comune questi episodi così diversi tra loro? Il filo che li unisce e li stringe in un unico cerchio di violenza ha un nome preciso, si chiama eteropatriarcato.

È il sistema sociale in cui siamo tutt* immers*, che opprime le donne e chiunque non sia un uomo cisgender ed etero, che presuppone l’eterosessualità come norma nella costruzione dell’identità sessuale delle persone.

Quell‘eteropatriarcato che poggia sull’assunto che i ruoli di genere siano rigidi, che le donne debbano essere sottomesse agli uomini, vivere in funzione dello sguardo maschile, dedicarsi alla riproduzione e alla cura, ma è anche un sistema di cui fanno le spese gli uomini stessi, perché propone un unico modello di uomo, imbevuto di mascolinità tossica: cisgender, bianco, fisicamente forte, rude e all’occorrenza violento, che sopprime le emozioni anziché analizzarle.

Quell’eteropatriarcato che non perdona chi sfida le sue norme, chi devia dai suoi codici e che reagisce con l’eliminazione morale o fisica di chi trasgredisce.

Credo che sia importante sottolineare questo collegamento perché in tutti questi casi coesistono vari livelli di responsabilità. C’è, ovviamente, la responsabilità individuale dei gesti, che nessun fenomeno sociale può attenuare, ma c’è anche una responsabilità sociale collettiva.

È troppo comodo etichettare  i responsabili  in modo che siano il più distante da noi (“mostri”, “fascisti”, “in preda a un raptus”, “stupidi” o altre categorizzazioni con le quali, per altro, spesso agiamo in base al nostro privilegio) per sentirci pulit*, per lavare le nostre coscienze, per sederci subito dalla parte delle persone buone.

L’eteropatriarcato, come i movimenti femministi hanno sempre sostenuto, riguarda tutt* noi. E da tutt* noi, attraverso la prassi individuale e collettiva, deve essere sovvertito e sostituito. E se con le manifestazioni più eclatanti di esso vanno a braccetto da sempre le ideologie nazi-fasciste, non illudiamoci che l’etereopatriarcato non riguardi anche chi è antifascista, o chi è antifascista e di sinistra.

Parafrasando de André, “anche se noi ci crediamo assolt*, siamo lo stesso coinvolt*”.