Recenti casi di cronaca, molto diversi tra loro, sono stati raccontati dai giornali senza mai prendere in considerazione la loro matrice comune: l’eteropatriarcato.
L’eteropatriarcato è quel sistema culturale e sociale secondo cui chi è uomo, bianco, cisgender, non disabile ed eterosessuale ha la possibilità di usare il proprio privilegio per affermare la propria supremazia attraverso la violenza, psicologica e fisica, su altre soggettività che non si adeguano alle norme imposte. Un sistema basato sulla sopraffazione e il dominio.
Il processo per il femminicidio di Elisa Pomarelli
Agli inizi di agosto si è aperto il processo per l’omicidio di Elisa Pomarelli, uccisa a Piacenza da Massimo Sebastiani, che si presentava come il suo migliore amico, perché aveva rifiuto di trasformare la loro amicizia in una relazione romantico-sessuale.
La morte di Elisa è uno dei troppi femminicidi del 2019: una donna uccisa in quanto donna, una donna uccisa perché ha osato ribellarsi alla stereotipata narrativa di genere. Ma per lo Stato italiano la sua morte non è un femminicidio: non sono state concesse le aggravanti con cui si procede di solito in questi casi (in Italia non esiste nel codice penale una definizione specifica di femminicidio) perché Elisa era lesbica. E quindi, questo il ragionamento sotteso ai cavilli di legge, era un po’ meno donna, un po’ meno degna di essere difesa.
Le offese contro Elly Schlein
Pochi giorni fa Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia-Romagna e una delle voci più innovative della sinistra italiana, finisce in copertina sul settimanale L’Espresso. Vi è ritratta nel suo stile semplice e sportivo: niente trucco, una giacca di jeans.
La copertina diventa un caso perché questa presentazione così atipica rispetto allo stereotipo della donna di potere molto curata e in tailleur fa commentare a Marco Gervasoni, docente di storia contemporanea all’Università del Molise in un tweet: “Ma che è, n’omo?”, dando il via a una serie di commenti sessisti.
Nonostante il successivo tentativo molto maldestro di spiegare il gesto, il commento è chiaro: una donna che fa politica non viene criticata per le sue idee, ma per il suo aspetto, per non essere conforme alle aspettative di genere, per ignorare il desiderio maschile eterosessuale.
Non solo, c’è da chiedersi quanto l’esternazione dell’accademico sia legata anche al recente coming-out della ex europarlamentare, che aveva dichiarato in televisione di essere bisessuale.
Il massacro di Willy Monteiro Duarte
Uno dei fatti più recenti è il violento omicidio del 21enne Willy Monteiro Duarte, avvenuto a Colleferro, nei pressi di Roma. Quattro uomini massacrano a pugni e calci il loro coetaneo, forse perché intervenuto a difesa di un amico.
La magistratura accerterà la verità giudiziaria, ma alcuni elementi sono già evidenti. Il branco (composto da individui accomunati dall’ideologia fascista, dal culto e dall’esercizio della violenza, da una virilità che è volontà di dominio) massacra un giovane indifeso, solo contro quattro, la cui vita agli occhi degli assassini contava ancora meno perché di origine straniera, come ha dichiarato la famiglia di uno degli assassini.
Maria Paola Gaglione, uccisa perché usciva con un ragazzo trans
Infine, la terribile morte di Maria Paola Gaglione in provincia di Napoli, 20enne uccisa dal fratello perché usciva con un ragazzo trans, rimasto in fin di vita. L’omicida si è difeso, con il sostegno dei genitori e del parroco, dicendo che non voleva ucciderla, ma “solo darle una lezione” perché il suo ragazzo, essendo trans, l’aveva “infettata”.
I giornali riportano queste dichiarazioni, che hanno sia l’effetto di normalizzare l’idea che sia giustificabile punire una donna per le sue frequentazioni amorose e sessuali. Inoltre molti degli articoli a commento del fatto sono transfobici, poiché si riferiscono a Ciro Migliore, uomo transgender e fidanzato di Maria Paola Gaglione, usando il femminile e parlando di una “relazione lesbica”.
Oggi sui giornali troviamo, narrata molto male, l’ennesima notizia di femminicidio, questa volta causata da transfobia:…
Pubblicato da Pasionaria.it su Domenica 13 settembre 2020
L’eteropatriarcato, radice comune
Cos’hanno in comune questi episodi così diversi tra loro? Il filo che li unisce e li stringe in un unico cerchio di violenza ha un nome preciso, si chiama eteropatriarcato.
È il sistema sociale in cui siamo tutt* immers*, che opprime le donne e chiunque non sia un uomo cisgender ed etero, che presuppone l’eterosessualità come norma nella costruzione dell’identità sessuale delle persone.
Quell‘eteropatriarcato che poggia sull’assunto che i ruoli di genere siano rigidi, che le donne debbano essere sottomesse agli uomini, vivere in funzione dello sguardo maschile, dedicarsi alla riproduzione e alla cura, ma è anche un sistema di cui fanno le spese gli uomini stessi, perché propone un unico modello di uomo, imbevuto di mascolinità tossica: cisgender, bianco, fisicamente forte, rude e all’occorrenza violento, che sopprime le emozioni anziché analizzarle.
Quell’eteropatriarcato che non perdona chi sfida le sue norme, chi devia dai suoi codici e che reagisce con l’eliminazione morale o fisica di chi trasgredisce.
Credo che sia importante sottolineare questo collegamento perché in tutti questi casi coesistono vari livelli di responsabilità. C’è, ovviamente, la responsabilità individuale dei gesti, che nessun fenomeno sociale può attenuare, ma c’è anche una responsabilità sociale collettiva.
È troppo comodo etichettare i responsabili in modo che siano il più distante da noi (“mostri”, “fascisti”, “in preda a un raptus”, “stupidi” o altre categorizzazioni con le quali, per altro, spesso agiamo in base al nostro privilegio) per sentirci pulit*, per lavare le nostre coscienze, per sederci subito dalla parte delle persone buone.
L’eteropatriarcato, come i movimenti femministi hanno sempre sostenuto, riguarda tutt* noi. E da tutt* noi, attraverso la prassi individuale e collettiva, deve essere sovvertito e sostituito. E se con le manifestazioni più eclatanti di esso vanno a braccetto da sempre le ideologie nazi-fasciste, non illudiamoci che l’etereopatriarcato non riguardi anche chi è antifascista, o chi è antifascista e di sinistra.
Parafrasando de André, “anche se noi ci crediamo assolt*, siamo lo stesso coinvolt*”.