La giovane poetessa trans Reece Burrows Lyons ha recitato la sua poesia “I am a woman. And I have a penis” (Sono una donna. E ho un pene) alla finale del poetry slam 2018 alla Roundhouse 2018 di Londra, una competizione tra autrici e autor* emergenti. Abbiamo ascoltato la sua performance grazie a un video pubblicato sulla pagina Facebook The I paper, e ci ha così colpito che abbiamo deciso di tradurla per voi:
Io sono una donna. Io ho un pene.
La terminologia corretta è donna transgender anche se nella quotidianità mi chiamano travestito. E tutte le volte che succede mi chiedo: quale dettaglio mi ha tradita?
La mia altezza? Perché mi dimentico che non siete abitutat* a incontrare donne alte un metro e 80 nella vita reale, vero? Ad eccezione delle modelle che vedete sulle passerelle ma che non esistono nella vostra vita di tutti i giorni.
Oppure, ora che parlo: è la mia voce. Avrà il raffreddore? Ha perso la voce? È lo sguardo che va su e giù quando mi fissate il collo mentre parlo, come se il mio pomo d’Adamo fosse un frutto proibito.
Mi chiedo: forse sono le mie mani?
O forse i miei peli? Forse sono le sopracciglia? Forse la mia mascella? Forse il mio naso aquilino? Forse è la totale mancanza di tette.
O forse è il mio trucco applicato in maniera perfetta. Perché, siamo onest*, nessuna delle vostre ex sembrava così favolosa.
Perché vi sembrerò bella solo quando vi sembrerò convincente. Solo quando mi sarò fatta abbastanza piccola, abbastanza silenziosa e abbastanza accettabile da potermi percepire come una “vera donna”.
Mi rifiuto di rimpicciolirmi.
Al contrario intendo occupare lo spazio tra voi che mi fissate e i sorrisi di circostanza.
La madre che quando mi vede mi impedisce di avvicinarmi alle figlie e ai figl* perché è stata contaminata dalla paura da giornaliste come Germaine Greer [ndr: Germaine Greer è una intellettuale, autrice del famoso “L’eunuco femmina”, che ha più volte fatto dichiarazioni transfobiche].
Riempirò il silenzio tra quello che viene pensato e quello che viene detto. La stampa di destra che convince la società che sono uno stupratore col vestito. Perché sono una bugiarda, un’imitazione, un’imbrogliona: una parassita che banchetta con la propria carne.
Descriverò la distanza tra il primo mattone tirato e una rivolta collettiva di tutte le donne che mi hanno preceduta, che hanno speso la vita per la causa: Sylvia Rivera, Marsha P. Johnson [ndr: protagoniste dei moti di Stonewall che hanno dato vita alle rivendicazioni del movimento omosessuale], con le mani insanguinate, che usate per identificarmi come colpevole e come il travestito che sono.
Il futuro non è femmina. Il futuro è intersezionale.
Il futuro è nero, il futuro è trans, il futuro è non binario, il futuro è sex-worker.
Noi siamo il futuro.
Sostenete le donne che non conoscete. Sostenete le donne dalle quali non siete attratt* sessualmente. Sostenete le donne che non sono vostre parenti. Sostenete le donne che non assomigliano o corrispondono alle vostre aspettative o ai vostri ideali di come è una donna o di come dovrebbe essere.
Io sono una donna. E io ho un pene.