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“Grassa da sempre, ora mi guardo allo specchio e cerco il mio posto nel mondo”

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Fat shaming: la modella Tess Hollyday fotografata da Catherine Harbour
La modella Tess Hollyday fotografata da Catherine Harbour

Cara Pasionaria,

ho 27 anni e sono cresciuta in una famiglia in cui il sovrappeso e l’obesità sono sempre stati un “problema” esistente e tangibile. Ho sempre sperato che il fatto che fossi grassa (che parola orrenda) fosse capito almeno dalla famiglia, ma… non è così scontato!

Durante i primi anni due di vita ero considerata una bambina inappetente, mentre intorno ai 3 ho iniziato a ingrassare ed è stata un’escalation progressiva e distruttiva, soprattutto a livello psicologico, anche perché l’obesità infantile 30 anni fa era ancora poco diffusa, e io ero una specie di mosca bianca. Poi vivevo in un paesello e nei piccoli centri la diversità diventa spesso motivo di discriminazione.

Ho conosciuto quelle che definisco torture, ovvero visite, diete, privazioni, perché mia madre e mio padre si preoccupavano per la mia salute, ma per me significava non mangiare le cose che mangiavano gli altri e non solo, essere sovrappeso significava “non fare certi giochi, non andare sui pattini, che se cadi ti fai male…”. A scuola era un dramma, i bambini mi vedevano diversa, ricevevo offese e a un certo punto anche atti di bullismo, non solo a livello psicologico, ma fisico.

Passavano gli anni e il peso cresceva, e arrivai alla preadolescenza con un peso di circa 130 chili: era devastante sia fisicamente che psicologicamente. Tra i parenti c’era chi si lanciava in splendide battutine sul mio addome, senza badare alla sua, di panza.

Un giorno mi misi davanti allo specchio dicendo: “Guardati, non puoi andare avanti così, non ti piaci… allora datti una mossa, perché ce la puoi fare!”. Fu in quel giorno che dissi a mia madre: “Prenota un appuntamento dal dietologo perché voglio dimagrire!”. In circa 2 anni persi molti, moltissimi chili e con alti e bassi tra il liceo e l’università sono arrivata a pesare addirittura 90 o poco meno (e per me significava essere magra!). 

Oggi sono una giovane donna con tanti sogni, primo tra tutti quello di espatriare e trovare LA mia persona e il mio posto nel mondo. Sono magra? NO e probabilmente non lo sarò mai, l’obesità ha sicuramente lasciato tracce nel mio modo di essere e vivere, ma ho trovato una sorta di equilibrio col mio corpo, sebbene vorrei poter avere la bacchetta magica per migliorarne alcune parti.

Mi guardo allo specchio con occhi a volte molto critici ma anche molto diversi e il mio corpo, che porta i segni dei vari aumenti e cali di peso, non è più soltanto un mostro da combattere, ma un alleato da guardare, capire, assecondare e amare.  Ho scoperto che forse esiste chi, in amore, ti guarda con occhi diversi da tutti gli altri e non ti chiederebbe di cambiare, perché se lo facessi per far tacere gli altri non saresti più tu e addirittura apprezza la tua “morbidezza”, vedendola come una qualità e non un difetto.

Concludo dicendo che spesso il sovrappeso nasce da ragioni profondamente radicate dentro di noi e dentro la nostra anima, dolori, sofferenze e cose irrisolte che non vediamo e che ci fanno paura e non riusciamo o non vogliamo affrontare. Il cammino in questo senso è sempre in salita ma non è impercorribile a priori… forza di volontà, amore, affetto, coraggio, tanto coraggio, sono solo alcuni degli ingredienti fondamentali per ripartire da se stessi, perché il punto non è essere top model e avere il fisico di Belén, ma amarsi e trovare un equilibrio con se stessi e con il proprio corpo.

Lettera firmata

pasionarialogoCara Amica,

grazie per aver condiviso la tua storia con noi. Il tema di cui parli ci è molto caro: uno dei pezzi più letti su Pasionaria riguarda il fat shaming. Chi ti scrive è, come te, grassa: dico grassa, e non uso eufemismi come “robusta”, “burrosa”, “curvy”, per il semplice fatto che questo aggettivo non è un’offesa, ma descrive una caratteristica. Anche a te la parola “grassa” fa orrore, perché probabilmente e comprensibilmente, hai interiorizzato l’accezione negativa di questo termine, che nella società si usa con parsimonia, quasi fosse una parolaccia.

Molte persone, leggendo la tua lettera, potranno identificarsi nel tuo percorso tormentato. Un bambino o una bambina obesi sono spesso discriminati e additati, in quanto la pinguedine è considerata una colpa sociale che spesso porta a tragici epiloghi, come le torture subite qualche anno fa da un 14enne di Pianura, che fu ferito gravemente con un compressore da tre ragazzi perché grasso.

L’obesità, in ambito medico, non è considerata una malattia in sé, ma un fattore di rischio per altre malattie – come problemi cardiovascolari e sviluppo di tumori – dei quali si dovrebbe parlare in un contesto medico. Anche l’eccesso di peso causato da un’alimentazione sovrabbondante è un problema di “salute”, perché dietro un comportamento alimentare disordinato, che provoca aumenti di peso, possono esserci ansie e frustrazioni da conoscere e affrontare con un’adeguata psicoterapia.

Spesso chi esprime dei commenti sull’eccesso di peso degli altri si giustifica dietro consigli sulla salute, ma in realtà ciò che spesso si vuole sottolineare è che le persone grasse non riescono a controllarsi, hanno poca forza di volontà, umore instabile, sono pigre e indolenti e spesso curano poco l’igiene personale.  Da questo nascono molti sensi di colpa delle persone sovrappeso, che si percepiscono come inetti e colpevoli.

Noi supportiamo prima di tutto il concetto di auto-accettazione, che tu ben descrivi nell’evoluzione del tuo percorso. Trovare il proprio equilibrio è fondamentale, contro l’adesione incondizionata a canoni estetici decisi da altri, e a favore di uno sguardo verso lo specchio accondiscendente e maturo.

Questo non coincide assolutamente con la promozione del concetto di “grasso è bello”, ma con l’amarsi per ciò che si è e l’osservare attentamente chi si vuole diventare, se ciò che si vede non corrisponde al proprio ideale per sé stessi. In caso di disordini alimentari, non basta solo il supporto del prossimo o la forza di volontà, ma è utile un confronto con un o una psicoterapeuta per affrontarne le cause principali: a volte il coraggio serve non tanto per iniziare una dieta, quanto per conoscere le motivazioni più profonde del proprio sovrappeso.

Un abbraccio!