fbpx

In clinica psichiatrica perché voleva abortire: Irlanda, 2017

tre donne, la donna a sinistra e la donna al centro tengono dei cartelli con la scritta "Abortion rights now"
Credits: William Murphy (CC BY-SA 2.0)

Quanto vi farebbe rabbrividire l’idea di una ragazzina internata in un centro per la salute mentale contro la sua volontà perché considerata a rischio suicidio a seguito della gravidanza, quando in realtà voleva solo abortire?

È accaduto in Irlanda nel 2016 e la protagonista è una ragazza minorenne, secondo il report pubblicato dal Child Care Law Reporting Project. Lo psichiatra che l’aveva visitata – rifacendosi al Mental Health Act, una legge che permette ai professionisti della sanità di ricoverare i pazienti in strutture per la salute mentale senza il loro consenso – aveva stabilito che la minorenne era in stato di depressione e a rischio suicidio a seguito della gravidanza.

Nonostante la legge sull’aborto vigente in Irlanda dal 2013 (il Protection of Life During Pregnancy Act) permetta l’accesso all’aborto in caso di rischio per la salute fisica e mentale della donna (e solo in questi casi), il medico aveva stabilito che l’aborto non era “la soluzione per la bambina” e l’aveva fatta rinchiudere in una clinica psichiatrica a Dublino.

Secondo Linda Kavanagh, portavoce della Abortion Rights Campaign, anche nel 1992 vi era stato un caso simile e vedere ancora “casi di questo tipo 25 anni dopo è una disgrazia e un chiaro segno dei continui fallimenti dei governi nell’affrontare questa questione”.

In Irlanda, dove è in vigore una delle leggi sull’aborto più restrittive d’Europa, infatti, i diritti del feto sono posti sullo stesso piano legale dei diritti della madre, perciò l’aborto è proibito anche in caso di incesto, stupro e malformazioni del feto. Persino la commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, per la seconda volta in 12 mesi, ha denunciato la legge irlandese per il trattamento crudele, inumano e degradante verso le donne e ha incentivato l’Irlanda a legalizzare l’aborto e a fornire servizi efficaci, tempestivi e accessibili.

In aprile, l’Assemblea irlandese dei cittadini ha votato a favore della modifica della legge sull’aborto, ma nonostante il primo ministro Leo Varadkar abbia promesso di tenere un referendum nel 2018, la data ancora non è stata fissata.

La ragazzina internata è stata rilasciata solo grazie all’intervento di due psichiatri nominati dal tribunale per riesaminare la perizia, i quali hanno stabilito che “non vi era alcuna prova di un disordine psicologico” e, anzi, le motivazioni che spingevano la ragazza ad abortire erano “molto valide”. Nel frattempo dal ministro alla salute irlandese Simon Harris non è pervenuto nessun commento.

Linda Kavanagh scrive ancora: “È difficile non pensare che lo psichiatra a causa delle proprie credenze personali in questo caso abbia usato la legge sulla salute mentale come strumento per costringere una ragazza a continuare una gravidanza indesiderata. È chiaro che abbiamo bisogno di un processo che garantisca che tali obiezioni di coscienza dei professionisti medici non possano impedire una tempestiva assistenza sanitaria in casi critici”.

E conclude: “Questo paese non può continuare a trattare donne, ragazze e persone incinte in questo modo. Questo caso mostra che una legge che dovrebbe aiutare le persone in stato di gravidanza ad accedere alle cure necessarie è invece un’arma contro di loro. Le donne in Irlanda meritano l’accesso all’aborto, noi meritiamo i servizi di maternità e di salute mentale che includono anche l’accesso all’aborto. Abbiamo urgentemente bisogno di aborti liberi, sicuri e legali in modo che coloro che vogliono abortire possano prendere le decisioni che sono giuste per loro, nel momento giusto per loro, senza la paura della detenzione o dell’imprigionamento”.

In Irlanda, come in tutto il mondo, continuano le battaglie per il diritto all’aborto perché sul corpo delle donne scelgano loro stesse e nessun altro. Negli Stati Uniti la situazione è sempre più pesante, ma anche in Italia non possiamo permetterci di dare questo diritto per scontato: solo pochi mesi fa, a Lucca, uno psichiatra ha invocato l’obiezione di coscienza per rifiutare la consulenza a una donna intenzionata ad abortire.